"Non so ancora perché ho accettato"
Ripetevo a me stessa,
sistemando il leggero vestito bianco sulle gambe.
"Tutto ciò non mi si addice affatto"
Nervosamente continuai a sfiorarmi il viso
sistemando i riccioli neri sulle spalle.
"Devo cercare di rilassarmi e respirare"
A fondo, ancora una volta, concentrandomi sull'odore della cera
che si consumava sui tavoli, nel rumore di tacchi sull'assito.
Le parole delle persone diventavano labili,
celavo me stessa nel fumo di una sigaretta.
Non accorgendomi che ti stavo fissando.
Il tuo sorriso s'immerse nei miei occhi,
non vi fu altro momento in cui desiderai
essere acqua e farti oltrepassare
come aria il mio Essere.
Divertito, calzasti il tuo capello bianco,
giocando ancora col bocchino e le labbra,
mi prendesti la mano
e non riuscii ad evitare il tuo essere indomito.
Un passo indietro per contemplare il nuovo gioco
in cui eri venuto in possesso, prepotentemente,
senza chiederne l'appartenenza e la volontà.
Tremai così forte da farti sorridere nuovamente
mentre, stringendomi, iniziavi a danzare.
Gli altri parlavano di noi
e le ragazze nascondevano le loro bocche dietro al ventaglio
quando gli uomini, sotto i baffi, fumavano i loro sigari.
Smisi di pensare anche quando mi portasti,
sempre senza parlare,
fuori della grande terrazza della casata.
"Non saresti dovuta essere qui"
guardavi altrove dinnanzi a te,
con aria sicura e ferma.
Alzai la mano per giustificarmi.
Prendendola mi portasti a te, baciandomi.
Il sapore del sigaro pervadeva la mia bocca,
di un amaro dolce, mai sentito.
La tua pelle profumava di colonia,
non riuscivo a staccare le dita dal tuo collo, carezzandolo.
Calzasti di nuovo il cappello
che avevi appoggiato lungo il cornicione.
Iniziasti a camminare verso la finestra,
scomparendo dalla mia vista,
in mezzo ai visi delle persone,
alle risa delle ragazze,
ai fiori all'occhiello degli uomini dalla tuba nera.
Ripetevo a me stessa,
sistemando il leggero vestito bianco sulle gambe.
"Tutto ciò non mi si addice affatto"
Nervosamente continuai a sfiorarmi il viso
sistemando i riccioli neri sulle spalle.
"Devo cercare di rilassarmi e respirare"
A fondo, ancora una volta, concentrandomi sull'odore della cera
che si consumava sui tavoli, nel rumore di tacchi sull'assito.
Le parole delle persone diventavano labili,
celavo me stessa nel fumo di una sigaretta.
Non accorgendomi che ti stavo fissando.
Il tuo sorriso s'immerse nei miei occhi,
non vi fu altro momento in cui desiderai
essere acqua e farti oltrepassare
come aria il mio Essere.
Divertito, calzasti il tuo capello bianco,
giocando ancora col bocchino e le labbra,
mi prendesti la mano
e non riuscii ad evitare il tuo essere indomito.
Un passo indietro per contemplare il nuovo gioco
in cui eri venuto in possesso, prepotentemente,
senza chiederne l'appartenenza e la volontà.
Tremai così forte da farti sorridere nuovamente
mentre, stringendomi, iniziavi a danzare.
Gli altri parlavano di noi
e le ragazze nascondevano le loro bocche dietro al ventaglio
quando gli uomini, sotto i baffi, fumavano i loro sigari.
Smisi di pensare anche quando mi portasti,
sempre senza parlare,
fuori della grande terrazza della casata.
"Non saresti dovuta essere qui"
guardavi altrove dinnanzi a te,
con aria sicura e ferma.
Alzai la mano per giustificarmi.
Prendendola mi portasti a te, baciandomi.
Il sapore del sigaro pervadeva la mia bocca,
di un amaro dolce, mai sentito.
La tua pelle profumava di colonia,
non riuscivo a staccare le dita dal tuo collo, carezzandolo.
Calzasti di nuovo il cappello
che avevi appoggiato lungo il cornicione.
Iniziasti a camminare verso la finestra,
scomparendo dalla mia vista,
in mezzo ai visi delle persone,
alle risa delle ragazze,
ai fiori all'occhiello degli uomini dalla tuba nera.
- A Daniele Tinti -
M'è stato dolce navigare nel tuo mare.
M'è stato dolce navigare nel tuo mare.
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