mercoledì, febbraio 27, 2008

L'Angelo Nero e la Portatrice di Luce



- Il mondo va considerato come una lotta tra due princìpi equipotenti. Poiché in ogni uomo avviene una lotta quotidiana senza possibilità tra bene e male, non esistono quindi confini tra i due e la non-esistenza di uno corrisponde all'inevitabile non-esistenza dell'altro. Ogni gesto che l'uomo compie nell'arco di una giornata non può essere distribuito in nessuno dei due principi: ogni gesto che facciamo è l'unione dei due opposti -

Quando il più vecchio degli uomini doveva ancora emettere il suo primo respiro e quando la terra era ancora una bambina, viveva un angelo. E sbagliate nel pensare che costui fosse un angelo qualunque: si da il caso che l'angelo di cui vi sto per narrare le vicende, fosse e ancora oggi è ricordato come l'angelo più bello che Dio abbia mai creato. Il Signore una mattina si era svegliato e sentendosi un po' solo decise di crearlo: con un po' di luce dipinse la sua pelle diafana, con le onde del mare colorò gli occhi, con la buona terra ne disegnò i capelli e con le nuvole plasmò due ali magnifiche. Non esagero nel dire che, nemmeno oggi, nessuno ha mai superato in bellezza quell'angelo. L'essere meraviglioso passava le giornate in compagnia della madre terra: intonava canti agli alberi della foresta, intrecciava margherite e amava tuffarsi nelle nuvole.
Quando volava nel cielo sembrava un immenso uccello di luce, perché dovete sapere che l'angelo emanava luce e calore come il sole.
Accadde un giorno che l'angelo cominciò a volare sopra l'immenso oceano, amava l'oceano ma aveva paura di caderci dentro, dato che gli angeli non sono creature d'acqua. Ma il destino volle che l'angelo, malinconico da tanto tempo, vedesse il suo viso riflesso nell'acqua, e in cerca di compagnia si tuffò fra le onde. Il buon Dio vide la scena, e rattristato che il suo amato angelo si fosse sacrificato pur di trovare l'amore, concesse una seconda possibilità all'essere di luce: mentre scendeva verso il fondo del mare senza più speranza, il suo corpo si divise a metà. Si sdoppiò come quando si taglia una mela. Le ali si frantumarono in quelle che oggi chiamiamo "conchiglie", e andarono a depositarsi nell'abisso.
A quel punto una violenta tempesta piombò sull'oceano, ormai i due angeli che una volta costituivano un solo essere, uniti solamente dal loro debole stringersi di mani vennero divisi dalla tempesta. Si risvegliarono molto tempo dopo in due diverse sponde della terra, divisi dall'oceano immenso. E oggi sono ancora lì, che si cercano. Magari si sono trovati ma le loro ali per tornare a volare sono ormai perse sul fondo del mare.

La storia non finisce qui, come sembrerebbe. Alcune voci raccontano di come i due angeli dopo essere stati divisi dalla tempesta primordiale riuscivano a parlarsi anche se lontanissimi dato che le loro menti in origine erano solamente una sola. Condividevano gli stessi sogni, gli stessi dolori e felicità ma non si conoscevano e anche se si cercavano tra loro non avrebbero mai saputo che aspetto avesse l'altra metà. Nonostante questa triste verità, il loro cuore batteva all'unisono e pompava lo stesso caldo sangue. Solo il loro respiro pareva interrotto dallo scandire alternato dei loro polmoni. La tempesta li aveva portati in due diversi continenti, e mentre uno vagava in afose lande desertiche, l'altro esplorava le fredde foreste nere. Ma la sera, entrambi gli angeli ritornavano in riva a quell'oceano che tanto avevano amato e temuto. Restavano ammaliati dallo splendore della luna e rituffandosi nelle profondità degli abissi, i due angeli cercavano le ali perdute per ricongiungersi. Ma il loro cercare era vano poiché il Dio capì che il loro amore era così travolgente da superare di gran lunga quello che nutrivano nei confronti del loro Creatore. E in quel momento provò gelosia cosicché scagliò una maledizione: i due angeli non avrebbero mai dovuto incontrarsi, e se fosse accaduto sarebbero stati immediatamente divisi per l'eternità.
Passarono molti, troppi anni. I due angeli, divisi dal loro amato oceano, avevano cominciato a costruire nella rassegnazione due diverse vite. Mentre un angelo aveva costruito la sua abitazione in una grotta di cristalli nel deserto, l'altro angelo viveva in una bellissima torre d'avorio, circondata da una folta foresta. Quest'ultimo angelo, nonostante la sua agiata condizione, era sempre malinconico: si sentiva incompleto e non di rado gli sembrava di essere intrappolato in una gabbia dorata perché gli era proibito di essere semplicemente se stesso. Per la sua malinconia, quest'angelo usciva solo la notte, così facendo impallidì la sua pelle e i suoi vestiti tanto da venir soprannominato "angelo bianco".
L'altro angelo, invece, a differenza della sua metà, era soprannominato "angelo nero" poiché stava tutto il giorno fuori al sole, a cavalcare in riva al mare con un magnifico cavallo bruno.
Una notte che l'angelo nero ritornò alla sua grotta dopo la sua solita nuotata nell'oceano, cominciò a riflettere e mentre rifletteva si rese conto che non riusciva più a stare senza la sua metà. Uscì di casa e supplicò alla notte di mostrargli dove era finito l'altro angelo.
-"Ti indicherò io la via" sussurrò la luna, che si tramutò in una magica sfera al cui interno apparve l'immagine del suo dolcissimo angelo bianco, incastonato come una perla preziosa in quella torre in mezzo alla foresta, aldilà dell'oceano.
A quella meravigliosa visione l'angelo nero si commosse di gioia e i suoi occhi ricominciarono a brillare di una radiosa intensa luce perché finalmente comprese, che lo stargli accanto anche per un breve attimo, gli sarebbe valso qualsiasi sacrificio.
E così, visto che non poteva volare e non poteva raggiungere l'altro continente, l'angelo nero stipulò un terrificante patto con le oscure forze del male. Donò al maligno in persona la sua anima candida, in cambio di un nuovo corpo con cui volare oltre l'oceano senza che Dio lo potesse vedere. Venne tramutato in un corvo nero come il più oscuro degli abissi con occhi magnetici e imperscrutabili. Con le sue scure ali il corvo oltrepassò l'oceano e arrivò alla torre d'avorio dell'angelo bianco quando la luna navigava ancora in cielo. Silenziosamente il corvo entrò nella camera da letto dell'angelo bianco e con raffinata grazia si mise sulla sponda del letto immobile, continuando a rimirare quella creatura come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
La luna, sbirciando tutto da una minuscola fessura nella parete, fece entrare un suo magico spiraglio che ridiede all'angelo nero le sue magnifiche sembianze umane.
Le penne diventarono capelli dorati e ondulati come il mare, gli occhi neri divennero verdi come lo smeraldo e l'animale ritornò ad essere l'angelo nero, una meravigliosa fanciulla bionda dalla pelle scura e vellutata: indossava una veste di seta scura e portava al collo una conchiglia di madreperla.
Osservò in silenzio l'angelo bianco: era un giovane uomo dal lunghi capelli scuri, aveva le labbra rosse come il sangue e la pelle eburnea. A quel punto quel giovane e seducente angelo si svegliò.
Osservò la fanciulla che sedeva sul suo letto e la riconobbe: era il suo amato angelo nero, la sua dolce metà. E credetemi, quando vi dico che nessuna parola può descrivere la passione travolgente delle loro emozioni quando si guardarono negli occhi e si strinsero le mani.
Si accarezzarono il viso a vicenda cercando di rubare alla memoria del tempo quel loro magico trasporto e si sfiorarono le labbra per un poco prima di cadere nella profondità del più intenso del baci mai esistiti e che mai esisterà. Sembrava tutto perfetto, ma quella perfezione candida e troppo potente svegliò quel Dio invidioso che avverò la sua maledizione. I due angeli non avrebbero più potuto vedersi, dovevano essere divisi in eterno.
D'un tratto la ragazza si ritrasse dal suo amore dicendo:
-"Ora so cos'è la felicità , ricorda che ci ameremo per sempre"
E insieme bisbigliarono: "Finché i nostri fragili cuori non cesseranno di pulsare, e i nostri polmoni di respirare, e i nostri occhi di vedere, e la nostra bocca di parlare. Finché la terra continuerà a germogliare frutti, finché non esaleremo il nostro ultimo respiro.
Ci ameremo, qualsiasi castigo sconteremo, da qui all'eternità, e ancora, e ancora…"
Tutto ad un tratto una vorticosa nuvola di fumo uscì dai piedi della fanciulla e le avvolse l'esile figura. Il giovane angelo bianco ebbe paura di ciò che vide. L'angelo nero cominciò a gridare di dolore e la sua mostruosa metamorfosi ebbe atto: dalla sua schiena sinuosa si snodarono due ali scure e dinoccolate, la luce che prima aveva negli occhi si spense per sempre, i suoi capelli si colorarono di pece e il suo corpo perse sesso e identità proprio come uno dei tanti servitori del male.
Il suo cuore fu lacerato dalla vergogna che il suo amato angelo l'avesse vista in quello stato. E così l'angelo nero fuggì nelle tenebre, sopraffatto dalle forze demoniache, le sole tuttavia corse in suo aiuto per esaudire il suo unico desiderio.
L'angelo bianco cadde nella disperazione e qualcosa più forte dell'amore e più perfido dell'invidia lo fece cadere in un eterno sonno. Un raggio di luna lo sollevò delicatamente e distese l'angelo sul letto, lasciò lì quel giovane che fra le mani stringeva ancora la collana di conchiglia del suo amore. E non si svegliò.
Non si seppe mai che fine abbia fatto la creatura oscura in cui la ragazza era stata tramutata. O è meglio non pensarci…
Io penso che venga a prendere le anime dei dannati quando muoiono, per assaporarne i cuori ancora caldi e rubargli i ricordi di vita vissuta, quasi a voler cercare nella sua mente il vano ricordo di una pur precaria forma di sentimento. Difficile a dirsi ciò che può provare quell'angelo maledetto che ha perso per sempre la sua anima per amore.
L'unica certezza è che tutte le notti l'angelo nero, stremato dalle forze, si tramuta in un gatto scuro dagli occhi d'ambra e dal pelo lucido come la seta. Così travestito, l'angelo maledetto si dirige alla torre d'avorio, dove l'angelo bianco dorme incessantemente. E nel silenzio della notte, quel gatto si accerta senza tregua che nessuno disturbi il dolcissimo e doloroso sonno del suo unico amore…

Come passano veloci i giorni, le settimane, i mesi e anni. E gli anni si accumulano, così passano anche i secoli e i millenni. Le stagioni si susseguono ininterrottamente e dopo tanto tempo che le vedi scivolare via, ti abitui alla loro danza regolare e logorante. La primavera cade con il suo manto di piogge e di fiori appena sbocciati, l'estate soffia sulla terra con il suo alito caldo, l'autunno precipita con le foglie fulgide degli alberi e poi c'è l'inverno. L'inverno, forse l'unica stagione in cui la vita non sembra pesare tanto. La neve sembra fermare il tempo, il crudele tempo che distrugge ogni cosa, anche la più piccola. Il gelo sembra bloccare il tempo, il tempo spietato che non lascia scampo a nessuno, il tempo che prima o poi finisce per tutti…o no?
Forse no, forse c'è qualcuno che non ha paura del tempo.
È inverno, uno dei tanti inverni che sono passati davanti agli occhi del mondo. È notte, ma non abbiate paura perché la notte è molto più sicura del giorno la maggior parte delle volte. Provate a immaginarvi una foresta immensa, nascosta alla vista dei mortali; dentro la foresta c'è una torre meravigliosa costruita con il più candido avorio. Un animale sbuca sinuoso dalla boscaglia e si avvicina alla misterioso torrione: è un gatto. Un gatto nero, scuro e misterioso come il vento del nord. L'animale entra nella torre e sale le scale silenziosamente. Poi entra in una stanza: c'è un letto al centro della stanza e sul letto dorme un essere di luce. Il suo viso è di porcellana purissima! Quella creatura ha la pelle così pallida da sembrare fatta con le lucenti perle del mare.
È un angelo, un dolcissimo angelo assopito in un sonno di morte: l'angelo bianco è un fiore, un fiore che non sboccerà. I suoi petali di lacrime e malinconia sembrano schiudersi da un momento all'altro, ma non sboccerà.
È un fiore che non appassisce mai. È lui che non ha paura del tempo…ma cos'è che lo tiene in vita? Questo accadeva ogni notte: l'angelo maledetto visitava il sonno del suo amore tramutato in un gatto nero ma stava in guardia dal giorno che avrebbe potuto ucciderlo. Quando il primo raggio di sole spuntava nel cielo del mattino, il gatto si gettava dalla finestra e ritornava alle sembianze del Cacciatore di Anime, quella bestia diabolica che con le sue ali mostruose ritornava all'inferno, rifugiandosi dalla luce.
Ormai l'angelo maledetto non ricordava più il motivo della sua visita notturna alla torre. Erano passati millenni da quando il suo amore si era addormentato: non si ricordava più chi era stato e chi era quella creatura che dormiva sul letto. L'angelo maledetto si recava ogni notte alla torre per abitudine, non c'era più nulla di umano in lui, c'era solo fame di altre anime, nient'altro.
Era una mattina d'inverno, come tante altre. Il gatto nero guardava la creatura di luce che dormiva sul letto. Spuntò il primo raggio di sole: il gatto miagolò di dolore, corse elegantemente verso la finestra e si gettò. Mentre cadeva il pelo di gatto sparì per farvi comparire i muscoli privi di pelle, le ali e gli occhi senza fondo del Cacciatore di Anime. Ritornato quello di sempre, egli cominciò a volare per raggiungere gli inferi, dove il giorno e il Dio vendicativo non potevano nuocergli. Ma non andò tutto come previsto: mentre scappava dalla luce, l'angelo maledetto scorse l'oceano in lontananza. Allora un vaghissimo e impercettibile ricordo gli affiorò alla mente. E quel ricordo si concentrò in una piccola lacrima che scivolò sul viso rugoso del mostro e cadde nell'aria.
Il freddo congelò quella lacrima in quella che noi chiamiamo un "cristallo di neve" che trascinato dal vento ritornò nei pressi della torre d'avorio. Appena il cristallo di neve si avvicinò all'indistruttibile vetro della finestra, questo di sbriciolò in milioni di schegge, sopraffatto dalla potenza racchiusa in quel granello di ghiaccio. Il cristallo di neve entrò nella torre, raggiunse la stanza dell'angelo bianco e si posò sulle sue labbra.
Il sole lo illuminò e il cristallo si sciolse ritornando la lacrima dell'angelo maledetto.
Per un istante tutto il mondo si fermò, il tempo tolse un battito di vita ad ogni creatura mortale e lo trasferì al cuore dell'angelo bianco.
Un suono echeggiò nella torre: un battito. Poi un altro battito risuonò. Ancora. Il cuore dell'angelo stava battendo…D'un tratto, il cadavere bianco dell'essere di luce si rianimò e si alzò di scatto urlando a squarciagola. Cominciò a dimenarsi e a tremare, graffiandosi il volto con le mani e non smettendo di gridare con urla disumane… sembrava un sonnambulo immerso nell'incubo più terrificante…
Si era svegliato dal sonno di morte che l'aveva imprigionato da sempre e tutto il dolore gli tornò in mente. Strinse la collana di conchiglia che teneva ancora fra le mani candide. Sentì qualcosa dentro di sè scoppiare in mille schegge, gli tornò in mente il bacio con il suo amato angelo nero, gli tornò in mentre la sofferenza e l'oceano.
I suoi occhi si abituarono presto alla luce accecante del giorno che venne scacciato dalla potenza del dolore. Il sole scomparve, la luna tornò in cielo e l'oscurità calò sulla terra. L'angelo si alzò in piedi, avvolto dalla sua tunica bianca. Si avvicinò alla finestra ridotta in briciole e con i suoi occhi iniettati di dolore osservò il mondo.
Il mondo era cambiato, il mondo era diventato una enorme fabbrica di morte: vide i vecchi venire uccisi dai bambini, vide l'amore venire ucciso da un altro amore, vide tutto l'orrore di questo mondo. E l'aria sapeva odore di sangue, l'aria odorava come quell'antico giorno in cui il fratello disse all'altro fratello: "Andiamo assieme nei campi…"
E tutto questo fu troppo per l'angelo bianco. Voleva riunirsi al suo amore, non gli importava cosa sarebbe successo. La sete giustiziera sgorgava come un immenso fiume dal suo cuore. -"Sto venendo a prenderti!" gridò.
Allora l'angelo bianco si gettò nel vuoto, si aggrappò al ramo di un albero e da lassù implorò la notte di mostrargli dove era finito l'angelo maledetto.
-"Ti indicherò io la via" sussurrò un'altra volta la luna, che si tramutò in una magica sfera al cui interno apparve l'immagine dell'angelo maledetto, incastonato come una perla nera nelle viscere dell'inferno.
A quella dolorosa visione l'angelo bianco si crogiolò nella tristezza: voleva vendicare il suo amore che per punizione era stato tramutato in quel mostro orrendo. Doveva punire quell'abile burattinaio che aveva dato loro la vita e l'amore per poi negarglieli per sempre: doveva vendicarsi sul vecchio Dio, che spadroneggiava senza più ragione su un mondo che andava sempre più degradandosi.
L'angelo bianco sapeva che quella sarebbe stata l'impresa più ardua mai esistita e che avrebbe dovuto faticare per ottenere quello che voleva: riunirsi all'angelo maledetto.
Chiese alla luna dove viveva Dio. La luna gli mostrò il palazzo del Paradiso dove Dio sedeva sopra il suo trono costruito di stelle, protetto dall'immenso esercito dei serafini e dei cherubini.
A quel punto il Dio si accorse della notte che era calata senza il suo comando sulla terra, vide l'angelo bianco risvegliato ed ebbe paura. Allora Dio scivolò sulla terra travestito da vento e chiuse le porte dell'inferno richiudendo al suo interno tutti i demoni e i diavoli, compreso l'angelo maledetto che, inconsapevole di quello che stava succedendo, si rattristò solamente per il fatto che non sarebbe più potuto andare a trovare quella creatura di luce.
Ma c'era talmente tanto lavoro da fare giù all'inferno che non ebbe il tempo di pensare che già doveva frustare le anime dannate. Intanto per l'angelo bianco cominciò un periodo di addestramento: la sua forza mentale e fisica aumentava giorno per giorno e i suoi movimenti diventavano sempre più veloci e letali. Tutto questo per raggiungere il suo unico obiettivo: al collo di Dio c'era la chiave dell'inferno, l'angelo bianco doveva avere la chiave dell'inferno per poter andare a salvare il suo amore.
Giorno e notte si preparava alla più grande battaglia di tutti i tempi: la battaglia contro il cielo. Per tutto l'inverno le porte dell'inferno rimasero chiuse, impedendo all'angelo maledetto di uscire e a quello bianco di entrare, e presto si avvicinò il giorno in cui la potenza di quest'ultimo si sarebbe scontrata con la potenza di Dio.
Era una mattina ibernata in un freddo pungente quando l'angelo bianco, guidato dalla luna, si rituffò nell'oceano. Restò sott'acqua per molte ore prima che potesse ritornare alla superficie con il tesoro più prezioso fra le mani: aveva raccolto tutte le conchiglie esistenti ed ora si preparava al rituale.
Le stese sulla sabbia a forma di due immense ali e si distese al centro: la luce accecò l'intero universo e le ali presero vita. L'angelo ora si era riunito con dolore alla sue ali, ma non alla sua metà. Nel cuore della creatura di luce, dove fino a quel punto c'era stata solo dolcezza, crebbe la rabbia più spietata. La sopportazione era arrivata al termine e quel giorno viene ricordato ancora oggi come il giorno in cui le forze ancestrali presero forma: la collera amorosa si tramutò in ira violenta, le morbide curve dell'angelo bianco non potevano più contenere la sua sete di giustizia, o meglio…di vendetta.
Allora sulla sua fronte si schiuse un terzo occhio e, in tale incarnazione, era indubbiamente il vero signore della giustizia. Il suo nome diventò ora "Portatore di Luce" e il nuovo angelo pur essendo il più bello e dolce fra tutti portava ovunque andasse tristezza e dolore.
-"Sto arrivando!" gridò al cielo. Nella mente del bellissimo angelo c'era il viso del Cacciatore di Anime, quella fanciulla bellissima a cui era stata tolta la ragione, il volto umano e la capacità di provare amore. Doveva salvarla, era l'unico modo per placare la sua indole vendicativa.
La notte plasmò la sua essenza e la racchiuse in una spada micidiale e la saetta si racchiuse in una lunga frusta: le due armi schizzarono fulminee tra le mani dell'angelo.
A quel punto il Portatore di Luce, così armato, aprì le sue immense ali al cielo e con furia vendicativa si scagliò verso il Paradiso. Il Dio, protetto nel suo palazzo, vide quella meravigliosa creatura venirgli incontro non si preoccupò perché pensava fosse una divinità minore che arrivava per porgergli i sui servigi, ma poi riconobbe la sua vera identità e vide il terzo occhio aperto sulla sua fronte. -"Vieni e combatti in nome del mondo che hai creato" sogghignò l'angelo bianco.
Ma Dio non ebbe coraggio e inviò così a combattere il suo esercito di serafini e cherubini.
Vedendo l'esercito angelico venirgli incontro, il Portatore di Luce sentì spezzarsi il fragile filo che divide la giustizia dalla vendetta. La frusta del Portatore di Luce schioccò sulle nubi scure e la spada roteava sopra di lui illuminando il cielo come un secondo sole. Pur essendo in balìa di tale furia vendicativa, l'esercito di angeli non aveva paura: sapendo che appena una goccia del loro sangue angelico fosse caduta a terra sarebbe subito apparso un altro esercito di angeli.
All'improvviso un serafino usci dalla massa e si gettò contro il nemico: quando le lame ebbero tagliato la gola, il Portatore di Luce si piegò verso la sua vittima e spalancando la bocca bevve il sangue che scorreva a fiotti, senza farne cadere una sola goccia. Quando il corpo del serafino smise di sanguinare, l'angelo bianco si pulì con la lingua le labbra seducenti e quindi gettò a terra il cadavere prosciugato. All'avvicinarsi del Portatore di Luce, l'esercito angelico si impaurì e cercò di volare altrove. Ma il terzo occhio li catturò inevitabilmente e la furia dell'angelo bianco si scatenò, uccidendo ogni forma di vita e bevendo il sangue che scorreva senza farne cadere una sola goccia.
Ad un certo punto i serafini e i cherubini si inchinarono davanti a lui che sorrise sapendo che la sua amata non avrebbe più dovuto soffrire. Gli angeli rimasti in vita promisero che lo avrebbero servito da quel momento in poi e lui accettò i loro servigi.
Prima di scontrarsi con il Dio, l'angelo bianco si abbellì il collo con una collana di teste angeliche e così avanzò, seguito dai suoi nuovi seguaci.
Dio lo aspettava e quando lo vide arrivare ebbe paura: non aveva mai visto nulla di così bello e potente e per un solo istante pensò che quella creatura lo avrebbe superato.
Il Portatore di Luce varcò le porte del Paradiso e si avvicinò sempre più al trono del Dio. Entrò nel palazzo del Creatore, dopodiché il silenzio assordante imperò nel cielo.
L'occhio di Dio osservava il terzo occhio del Portatore. Le due creature cercavano di rubarsi l'un l'altra i segreti della saggezza e della loro potenza. Poi Dio parlò, la sua voce suadente echeggiò come un tuono tra le montagne.
-"Da molto tempo non posavo gli occhi su qualcosa di così bello, così innocente. Sei più vulnerabile di quanto credi, cosa ti rende così sicuro di te stesso?" domandò Dio. Il Portatore di Luce rispose poco dopo, il suo terzo occhio fremeva di rabbia e il sangue gli scoppiò nei capillari.
-"Quando ci hai creato sapevi che il nostro amore avrebbe superato quello che riservavamo nei tuoi confronti. Eppure ci hai dato vita ugualmente. Perché? Per noia, perché volevi sperimentare un nuovo gioco? Gli uomini ti hanno venerato per troppo tempo e per troppo tempo hanno temuto le forze del male, non sapendo di che natura appartenete entrambi.
Sono passati millenni da quando ho visto per la prima volta il mio amore, ho capito che fino a quel momento la mia vita non aveva mai avuto un senso. Non ero nessuno fino ad allora. Ho amato e mi sono ultimato nel farlo. Sono morto e sono risorto per ritornarle accanto; e tu mi chiedi cosa mi rende così forte? Non ti sembra ovvio Mio Signore? È l'amore che mi rende così forte! L'amore che mi ha risvegliato dalla morte per riunirmi alla mia metà!"
-"Non dovresti sottovalutare la morte" sibilò Dio. Poi ricominciò dicendo: "Sei sicuro che l'unione può recarti la felicità che tu e il tuo angelo nero sognate?"
-"Si, ne sono sicuro!"
-"E perché?"
L'angelo bianco afferrò la collana di conchiglia del suo amore.
-"A cosa serve spiegare il perché? A cosa serve analizzare una cosa così immensa come l'amore che unisce me e l'angelo nero, sapendo che non ha una soluzione o una logica. A cosa serve raccontare di tutte quelle volte in cui ci siamo sentiti soli, tutte quelle volte che abbiamo pianto singhiozzando perché il tempo stava distruggendo ogni cosa. A cosa serve parlare di tutte quelle volte in cui siamo inciampati nella speranza di incontrarci, di quando non potevamo vederci ma ci amavamo. I millenni sono passati nel silenzio più assordante, perfino la morte ha avuto pietà di noi e il tempo mi ha concesso di rinascere per salvarci. Io ho ritrovato le ali e potrei continuare a vivere in eterno come l'angelo più bello fra tutti; potrei perfino prendere il tuo posto, ma non lo farò, perché so che il mio unico amore soffrirà in eterno imprigionata nel suo mostruoso involucro di carne. Io sono ora il Portatore di Luce mentre lei è diventata da molto tempo il Cacciatore di Anime, ma malgrado questo, la nostra passione sopravvive! Siamo sopravvissuti alla tua forza divina, mio Signore! Finché i nostri fragili cuori non cesseranno di pulsare, e i nostri polmoni di respirare, e i nostri occhi di vedere, e la nostra bocca di parlare. Finché la terra continuerà a germogliare frutti, finché non esaleremo il nostro ultimo respiro. Ci ameremo, qualsiasi castigo sconteremo, da qui all'eternità, e ancora, e ancora. Questo mi rende sicuro della nostra unione, questo ci rende immortali!"
E allora il Dio pianse e non riuscì a guardare il terzo occhio. Quelle parole lo avevano abbattuto e non poteva rispondere. La battaglia finale non ebbe mai luogo: il Signore si strappò la chiave che teneva al collo e la consegnò al Portatore di Luce. Con la sua candida mano, l'angelo bianco la afferrò.
-"Vattene. Scappa all'inferno…lei ti sta aspettando. Quando lei ti vedrà la maledizione perderà efficacia. Il suo aspetto tornerà quello dell'angelo nero, la fanciulla più bella che io abbia mai creato. E dovete continuare ad amarvi, dimenticando gli errori che ho commesso. Perdonatemi…"
L'angelo si voltò, lasciando cadere a terra la collana di conchiglia: sarebbe stato per il Dio un ricordo doloroso delle azioni da lui compiute.
-"Un giorno, qualcuno rimedierà i tuoi errori. Un giorno altre sofferenze si faranno avanti. Verrai perdonato quando perdonerai te stesso prima di tutti…" furono le ultime parole del Portatore.
L'angelo spalancò le sue immense ali fuggì dal vecchio Dio, seguito da uno stormo di altri angeli candidi.
Quando l'angelo bianco scese sulla terra con le sue immense ali, la neve si sciolse e la primavera sbocciò. A ogni battito d'ali che faceva il mondo respirava per pochi secondi aria nuova, dopodiché si faceva risentire il dilagante odore di morte e sangue che impestava la terra.
Il Portatore arrivò veloce alle porte dell'inferno. Infilò la chiave nera nella serratura e aprì i bollenti cancelli che si spalancarono all'istante. La luce si propagò all'inferno e le anime ebbero un momento di sollievo. Le forze del male non si preoccuparono poiché sapevano che il Portatore di Luce non era un loro nemico. E l'angelo bianco avanzò, cercando con lo sguardo la sua compagna.
Poi la vide: c'era una creatura accovacciata nelle tenebre, il suo sguardo era vuoto e vitreo e il suo corpo si mischiava al buio dell'oscurità. I suoi versi animaleschi sembravano esprimere eterno tormento: un rivolo di sangue usci dalla bocca del Cacciatore di Anime che con i denti divorava l'anima ancora pulsante di un mortale, cercando di rubarne l'essenza vitale. Era voltato e non aveva visto il Portatore di Luce entrare negli inferi. Poi qualcosa lo chiamò a voltarsi: una forza irresistibile lo chiamava. Il Cacciatore di Anime si voltò i suoi occhi spenti incontrarono lo sguardo del Portatore di Luce, che lo osservava malinconico.
-"Non guardarmi!" grugnì il mostro. Sentiva il suo cuore spezzato poiché aveva riconosciuto la sua metà.
-"Io ti vedo" sussurrò l'angelo bianco.
A quel punto le ali dinoccolate rientrarono nella schiena, il corpo deforme dell'angelo nero si assottigliò per tornare alle sue sembianze. Una nebbia dolcissima si propagò tutt'intorno, quando si dileguò, l'esile figura di una ragazza nuda cominciò ad apparire davanti al Portatore di Luce che si chinò e le afferrò la mano. Per la seconda volta i loro sguardi si incontrarono. E si videro, e si amarono.
-"Sei venuto a riprendermi o a rimproverarmi per aver venduto la mia anima per amore?" chiese lei.
-"Nemmeno la morte mi ha portato via da te, ho ucciso per vendicarti. Sono venuto per amarti; e non mi importa cosa succederà al mondo, quante guerre bagneranno il volto dell'uomo, quante lacrime sgorgheranno sulle ferite aperte. Noi potremmo impedire tutto questo, ma non lo faremo. Ora nulla può trattenermi: voglio condividere l'eternità con te"
E ancora si baciarono, si abbracciarono e le galassie lontane subirono la forza di quella passione che scosse gli interi universi e le stelle lontane. E il tempo si bloccò ancora.
Insieme piansero di gioia. La mano dorata dell'angelo nero accarezzò il pallido viso del suo amato, ne intrecciò i capelli corvini e accarezzò le labbra. Lui le baciò il collo e annusò il suo dolce profumo, poi con una mano le entrò dentro il cuore e le ridonò l'anima che aveva perso. Allora lei cominciò a respirare come per la prima volta. Era bellissima, così dolce e seducente.
-"Fuggiamo via da questo mondo" sussurrarono.
E condivisero le loro ali, che per tanto tempo erano rimaste sul fondo dell'oceano.
Si alzarono in volo e gli angeli e i diavoli che stavano attorno a loro si allontanarono impauriti.
Volarono sempre più su, verso la luce del giorno. Sentivano il calore farsi sempre più forte e le loro mani toccarsi ancora una volta. Sbucarono dalla terra come un immenso uccello di luce.
-"Da troppo tempo non vedevo il sole" disse la fanciulla.
Volarono assieme lontani dal mondo, lontani da ogni male e da ogni bene.
Racchiusi in una sfera di luce che si innalzava verso l'alto, i due amanti si unirono senza più timore, sapendo che il loro amore non li avrebbe mai abbandonati. Nessun oceano e nessuna tempesta li avrebbe più divisi. E tornarono ad essere una cosa sola.
In un luogo dove il tempo non esiste, dove il bene e il male non combattono incessantemente, quei due esseri continuarono ad amarsi.

lunedì, febbraio 25, 2008

Quanto m'è dolce lo fuggir dalle tue mani ... oh mio Signore


Quanto mi è dolce fuggire dalle tue mani e lasciarle scorrere sul mio corpo e aumentare la tua brama di possesso. Quanto m'è semplice donarti quello che tu sogni, sapendo che non lo recepirai nel modo in cui tu speri e aumentare nuovamente la tua passione già immensa.
Ora cavalco col mio vestito bianco, coperta dalla mia cappa di velluto verde, su un nero destriero e corro forsennata nel bosco. I rovi graffiano la mia pelle e provoco tutto ciò per scacciare il tuo pensiero e per sfuggire nuovamente dal mio ribbolire interno e dal desiderare cose proibite.
Silenzio, è notte. Blocco il mio correre. Sono sola in mezzo ad una radura.
Non so più dove sono e cosa stavo cercando. Sento solo il dolore delle mia cosce lacere dal tanto graffiarsi e il rosso del sangue si mescola al candore delle mie vesti.
Un lago, un lago ghiacciato in una notte di primavera. Desidero anche io immergermi in cotanta pace e serenità. Dapprima bagno i piedi guardandoli brillare alla luce della luna e togliendo le mie vesti lacere mi immergo nel tuo lago.
Sono calma e tutto è silenzo. Ho sgombra la mia testa da mille domande e mille dubbi. Ora voglio solo quello mio Signore... Voglio immergemi nel lago e godere di nuova purificazione.
Non penso, non voglio pensare, voglio solo questo.

Ora dimmi ... posso rimanere intrappolata in questa notte di luna piena, in questo tuo lago e continuare a non pensare?

Ti prego dimmi di si e sarò per sempre tua.

sabato, febbraio 23, 2008

Ho capito troppo tardi ...


Non avrei mai voluto farti del male, proprio a te, mia unica cosa pura. Troppo tardi mi sono resa conto che i tuoi desideri erano come i miei, ma io volevo realizzarli e tu no.
"Scenderò nell'arena e morirò col tuo nome sulle labbra..." Ora mi chiedo. Quale arena? E di chi è il nome di cui tanto bramano le tue labbra? Non il mio.
Ho preso quello per cui tanto tempo abbiamo sospirato. L'ho preso come dicevamo di volerlo e con doppia intensità. Ma ero sola.
Ora perchè continuare a farti del male? Lasciami andare, ti prego. Lunghe e stremate primavere ... è questo che veramente cerchi? Non è meglio dei forti inverni da combattere e un'estate rovente da vivere? E il gusto di aver superato l'inverno per entrare nell'estate ...
Sei un guerriero, lotta, non lasciarti andare, non è quello che in tanto tempo mi hai insegnato. E cosa ti ho insegnato io? A volerti bene, a fare ciò che fai per te stesso (mi dicevi lo stesso anche tu ...) e a lottare per ciò che si voleva.
Ora cosa vuoi? Chiediti questo ... Quando perdi qualcosa, solo in quel momento ti accorgi di ciò che non hai più?
Dove è il tuo cristallo mio Fabbro? Perchè lo hai gettato nel fuoco? Per nasconderlo da chi? da te? O per cercare di forgiare quel qualcosa a tuo volere?
I cristalli non si forgiano, sono tali dalla nascita e nulla muta in loro. Puoi scheggiarli, tagliarli, ma cristalli rimangono.

Ora dove è il tuo cristallo mio buon Fabbro? Affatica le tue mani sanguinanti alla ricerca di ciò che hai gettato nella passione non vissuta dei tuoi stupidi moralismi. Per amore, per desiderio, per stupidità, lui è ancora li che non riesce a morire nel fuoco della purificazione che ti è stato donato.

Dio da e toglie. Da e toglie in quantità doppia. Perchè allora non mi toglie anche te? Agognata sorella morte che di tanto dolce tessuto avvolge il tuo mantello, perchè non varchi quella porta ora? Perchè non ho finito di pagare il mio debito ... e quanto lunga ancora sarà la mia lacerazione!!!

Ora di pensieri e parole mi nutro. I tuoi lunghi silenzi mi uccidono. Ma poi non volevo io questo? Non volevo io salvarti da te? Salvarti da cosa ... da cosa non sei riuscito a proteggermi? Chi sono io e perchè, per te ha ancora un senso?

Vorrei saperlo anche io, mio unico e dannato Amore ...

venerdì, febbraio 22, 2008

Jacques Prevert



Ero nuda tra le sue mani
sotto la gonna alzata
nuda come non mai.
Il mio giovane corpo
era tutto una festa
dalla punta dei miei piedi
ai capelli sulla testa
Ero come una sorgente
che guidava la bacchetta
del rabdomante
Noi facevamo il male
il male era fatto bene.

(Jacques Prevert)

Chi sei straniero?


Chi sei, straniero?
Che entri ed esci dalla mia vita a fasi alterne,
che mi seduci con dolcezze molto poco velate...
Cosa vuoi da me, straniero?
Perchè alimenti la mia pazzia e provochi il mio cinismo?
Chi ti credi di essere
per entrare senza la minima discrezione
nei miei deliri onirici?
Sotto le mie lenzuola?
Dentro di me?
Come osi
fare l'amore con me
senza neanche avere la buona creanza di chiederlo?

... Non smettere ...

martedì, febbraio 19, 2008

In pace

Poche righe per raccontare che sono in pace con me stessa. Come una fata che nel bosco fra l'essenza vera della natura non ha paura di mostrarsi, io non ho più paura di mostrarmi a te. Incantesimi d'amore non ne ho fatti mai, mi sono posta a te nel modo più puro e semplice.

Ora sono in pace. L'inquietudine che albergava dentro di me è svanita come in un soffio magico. Riesco nuovamente ad ascoltare il battito del mio cuore, a sentire il mio respiro entrarmi dentro e godere di nuova forza. Sublime stato di beatitudine mi pervade ogni volta che mi nutro di te facendo durare nel tempo questo incantesimo intessuto da altre mani.

Ho ancora fame e ti cercherò ancora mia Sublime Creatura. La mia anima annega nel tuo mare camminando a piedi scalzi e verso il tuo oceano. Entrando il freddo dell'acqua bagna i miei piedi, ma sono spinta ad andare avanti. Neanche quando l'acqua gelida ha intorpidito il mio corpo ed è arrivata alle mie gote, mi fermerei ... Camminerei ancora esalando l'ultimo respiro, solo per te.

Morirei per te Amor mio, morirei in te e nei tuoi lati bui. Mi ranicchierei nei tuoi vuoti colmando ogni centimetro della tua anima.

Non sei più solo ... non lo sarai mai più ...

Per sempre tua.

lunedì, febbraio 18, 2008

Mentre Tutto Scorre

Tutto Scorre - Negramaro

Parla in fretta

E non pensar
Se quel che dici
Può far male
Perché mai
Io dovrei
Fingere
Di essere fragile
come tu mi (vuoi)
(vuoi) nasconderti
In silenzi
Mille volte
Già concessi
Tanto poi
Tu lo sai
Riuscirei
Sempre a convincermi
Che tutto scorre

Usami
Straziami
Strappami l’anima
Fai di me
Quel che vuoi
Tanto non cambia
L’idea che ormai
Ho di te
Verde coniglio
Dalle mille
Facce buffe

E dimmi ancora
Quanto pesa
La tua maschera
Di cera
Tanto poi
Tu lo sai
Si scioglierà
Come fosse neve al sol
Mentre tutto scorre

Usami
Straziami
Strappami l’anima
Fai di me
Quel che vuoi
Tanto non cambia
L’idea che ormai
Ho di te
Verde coniglio
Dalle mille
Facce buffe

Sparami addosso
Bersaglio mancato
Provaci ancora
E' un campo minato
Quello che resta
Del nostro passato
Non rinnegarlo
E'tempo sprecato
Macchie indelebili
Coprirle è reato
Scagli la pietra chi è senza peccato
Scagli la pietra chi è senza peccato
Scagliala tu perché ho tutto sbagliato

Usami
Straziami
Strappami l’anima
Fai di me
Quel che vuoi
Tanto non cambia
L’idea che ormai
Ho di te
Verde coniglio
Dalle mille
Facce buffe

domenica, febbraio 17, 2008

La mattina di un sogno ...


(racconto liberamente ispirato a "Carmilla" di E. A. Poe)

Stava preparando un bagno caldo e io, inerme, la guardavo muoversi lungo i bordi bianchi della vasca. Stava cercando di purificare tutto quello che riteneva essere perdizione. Le ero grata per quello che stava facendo, ma mai avrebbe potuto purificare la mia anima.

Mi lasciai spogliare, dolcemente. Le sue mani mi scorrevano lungo il corpo con lasciva indifferenza. Le sue parole ovattate non entravano nella mia testa. La mente era comandata da altro e lei, guardandomi negli occhi sfuggevolmente, lo capiva.

Mi immerse in quel liquido caldo che subito, non riconobbi. Fu quando l'acqua calda che aveva raccolto in un bicchiere rovesciata sulla mia testa invase la bocca togliendomi il respiro, che tornai alla realtà.

Ebbi la forza di seguire le sue parole. "Hai il suo odore addosso, questo non va bene ..."
Abbassai gli occhi e vidi le mie mani con i palmi rivolti verso l'alto appoggiate alle mie gambe. Ero curva su me stessa e l'acqua ancora gocciava dai miei capelli perlando la carne delle gambe.

Tornai ai miei pensieri. Il suo odore era ancora così forte nelle mie narici. Pensavo solo a come poter togliere dai miei occhi i suoi occhi verdi, dalle mie mani la stetta delle sue, dalla mia bocca la sua lingua.
Fremei sobbalzando pervasa da quell'attimo di passione appena ricordata. Ancora acqua sulla mia fronte, stavolta era fredda. Aveva capito che con tutto l'impegno non avrebbe potuto sciacquare i ricordi anche se avesse continuato per ore. "Non puoi farmi questo, torna in te!"

Sentivo il mio corpo non appartenermi e poco mi importava. Sapevo che quella era una sensazione passeggera e quando il suo sangue si sarebbe unito al mio tutto sarebbe tornato normale, dovevo solo attendere.
Come la serva che aspetta l'ordine supremo del suo Signore, io attendevo il compiersi del mio destino.

Sentivo l'acqua abbandonare il mio corpo e il freddo pervadermi. Mi alzai in un gesto sofferto barcollando. Riuscii a mettermi addosso l'asciugamano e a ranicchiarmi atterra.
Sentivo già il calore delle sue vene entrare nelle mie. Il nostro non era un contatto fisco come poteva sembrare ma molto di più.

Lui mi era accanto, nella testa e si era fatto spazio prendendo tutto il posto e quando non ne aveva avuto abbastanza, aveva preso anche il cuore.
Ripensavo a questa mattina quando ancora libera camminavo consapevole del danno a cui andavo incontro. Ero consapevole che non avrei potuto proteggermi da lui e glielo avevo anche detto. Non volli ricordare altri accadimenti, solo il pulsare delle vene del mio collo sotto ai suoi denti. In un attimo la mia anima era come il nettare più dolce per la lussuria del demone che avevo dinnanzi. Solo in quel momento mi accorsi di ciò che avevo permesso.

Sorrisi ...

Meglio essere eternamente dannate e soffrire di tormenti costanti e inenarrabili piuttosto che la beatitudine del Paradiso, eterna anche quella, ma che ora mi parea asettica e scontata.
Aspettai, non so quanto. Mi ritrovai sola. Lei se ne era andata lasciandomi ai miei pensieri e consapevole della perdizione che aveva preso il mio corpo. Non era riuscita a salvarmi con suo amore. Io ne avevo scelto un altro, meno puro, meno dolce, ma di immenso piacere perverso.

Arrivò alla mia mente, ormai ero sua. Avevo deciso che nulla potesse dividermi da lui. Ora ero pronta. La notte incombeva sulla finestra dalla quale la luna baciava i miei seni. Mi alzai lasciando scivolare l'asciugamano atterra e camminai verso l'unica apparente luce. Stesi le braccia al cielo della notte reclinando la testa indietro. I lunghi capelli corvini ora accarezzavano i miei glutei lattei. La bocca sanguigna si schiudeva ad una nuova vita.

Giunse e col suo mantello nero mi avvolse.
Ora neanche la morte avrebbe potuto spezzare quell'incantesimo d'amore.

In un alito di vento freddo guardai nuovamente i suoi occhi. I nostri corpi erano uniti e inerme giacevo fra le sue braccia. Mise una mano fra le mie gambe, sussultai. Con l'altra mi cinse le spalle. "Ora sarai per sempre mia."

Prima di chiudere gli occhi detti un ultimo sguardo a ciò che stavo lasciando e che ora, finalmente, non mi procurava dolore. Chiusi gli occhi accostando il mio viso al suo petto.

Ero dannata e felice di esserlo.

mercoledì, febbraio 13, 2008

Ritornare a scrivere ...


Ho mai scritto veramente? Intendo prendere carta e penna e scrivere quello che voglio, quello che sento? Ci ho provato. Ho tirato fuori tutta me stessa e spesso ho anche strappato e bruciato tutti i miei pensieri. Perchè non riesco col blog a buttare via tutto? Forse per una sorta di narcisismo. Quì tutto è pulito, in ordine, non cancello le parole con una linea e la mia grafia è leggibile.
A volte mi tornano fra le mani lettere di amici che mi fanno saltare il cuore perchè scritte a mano. Sembra strano ma le cose sembrano più vere, più sentite.
Ho scritto a mano per pochissime persone, quelle persone che reputavo che potessero capire la "grandezza" di tale gesto.
Un SMS, alle volte è importante, aiuta nei momenti di bisogno. Rileggerlo da forza e fiducia. Alle volte è fautore di incomprensioni e litigi ... Per questo leggo, peso e sento le parole che dico. Nulla è dato al caso, il caso non esiste. Esiste solo la sventatezza delle persone, la superficialità di altre e l'eterno mare di sensazioni di pochissime.
Perchè allora ho voglia di scrivere? Vorrei rimettermi a disegnare, come un tempo facevo. Disegnavo elfi e fate. I miei amici mi chiedevano di disegnare per loro e molti quadri sono appesi alle loro case.
Ora non lo faccio più. A volte la razionalità prende il sopravvento nella vita, si giudicano più utili le cose materiali e terrene. "Perdere" tempo dietro a disegni e poesie è stata la mia infanzia.
Tralasciai amici e parenti per disegnare, sperimentare colori, tempere, oli e ancora argille e terre... Ed ora cosa mi resta di tutto quel tempo speso? Una grande nostalgia. Ora avrei bisogno di condividere tutto ciò che so fare, che ho abbandonato e che vorrei, ogni tanto, che tornasse a far parte della mia vita.
Vorrei non sentirmi così terrena, ma vorrei ricominciare a sentire tutte quelle sensazioni che richiedono impegno e mente per essere comprese, le vibrazioni di un pennello fra le mani, il disegno che si crea piano piano, il sogno che viene ricordato, la pelle che rabbrividisce alla bellezza che solo il cuore può illuminare.

Capisci ora perchè sei così importante per me?

martedì, febbraio 12, 2008

L'angelo dell'inferno



Staccami questi chiodi dalle mani.
Spezza le mie catene.
Voglio danzare ancora
nella notte.
Voglio danzare libera
a piedi scalzi
ferirmi tra le spine
per te, fuoco di vene,
seta rossa nel buio dei miei incubi,
ritmo del mio respiro.

Lascerò scivolare il mio velo
intessuto di brillanti e di lacrime,
come un fruscio nell'erba del risveglio
stringerò ogni tuo sogno tra le labbra
come una nebbia antica,
odorosa di rosa.

Vedrai le cicatrici sulla schiena,
cupe carezze di un dolore malato.
Le guarirai, col tuo male rassegnato.
I miei sospiri scacceranno le ombre,
memori della vita e della morte.
Ritroverai il mio nome perduto,
incenerito dall'odio della sorte,
nell'angolo più oscuro del tuo cuore.

Ricorderai che baciavi i miei capelli,
nero vestito sul bianco della pelle
teneramente arresa alla tua bocca.
Diluirò col miele la pece del tuo sangue
come una goccia fusa di tormento.
Sarò un dolce lamento
sfuggito alla paura
tra dita incaute e curiose.

E l'aurora verrà, sulla radura,
come un angelo che ha tradito l'inferno.
Non ci sarà più inverno,
sui gigli polverosi
dei nostri giorni furiosi,
ma fragili
stremate
primavere.

--Sarah.

lunedì, febbraio 11, 2008

Gabriel



I can fly

But I want his wings

I can shine
even in the darkness

But I crave
the light that he brings

Revel in the songs that he sings
My angel Gabriel
I can love But
I need his heart
I am strong even on my own
But from him
I never want to part

He's been there since the very start

My angel Gabriel

My angel Gabriel
Bless the day
he came to be
Angel's wings carried him to me Heavenly
I can fly But
I want his wings
I can shine even in the darkness
But I crave the light that he brings
Revel in the songs that he sings
My angel Gabriel
My angel Gabriel
My angel Gabriel

domenica, febbraio 10, 2008

Via le Mani dagli Occhi - Negramaro


Sii vai via, senza di me,
tu vai via, non puoi aspettare tanto tempo inutile,
e cosi tu vai sola via,
sii che vai via, ma che freddo fa se tu vai via,
non vuoi aspettare neanche il tempo utile,
perchè da me lo so si va soltanto

Via, via le mani dagli occhi, che senso ha se poi ti tocchi, i pensieri, ancora lontani, lontani, lontani, lontani

Strana magia in un istante,
tu vai via, non vuoi leccarmi tutte le ferite,
è cosi che tu vai via,
ma da quando in qua no, non sei più mia, tu sola che hai leccato tutte le ferite,
lo sai da me tu non puoi proprio andare

Via, via le mani dagli occhi,che senso ha se poi ti tocchi, i pensieri, ancora lontani e vai via,
via le mani dagli occhi che senso se poi mi blocchi le mani e rimandi a domani, domani, domani, domani

domani e per sempre domani,
domani e per sempre rimani,
ma ora toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, amore toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, e vai


Via, via le mani via gli occhi, che senso ha se poi ti tocchi i pensieri, ancora lontani e vai via, via le mani via gli occhi che senso ha se poi mi blocchi la mani e rimandi a domani, domani, domani, domani, domani, domani, domani, domani….

Ti prego Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani,
Toccale!

venerdì, febbraio 08, 2008

Do you really want to lose my breath?

giovedì, febbraio 07, 2008

Ritorno da me...

E ritorno a scrivere di me, dopo tanto tempo, dopo aver fatto parlare canzoni e poesie.
Torno per avere memoria di sensazioni e dolore che non proverò più. Difficile è scrivere il tormento interno di chi ama e desidera, di chi considera e valuta e tutto sfugge fra le dita delle mani.
Cosa è cambiato? Io sono sempre la stessa. Il tempo passa e non riesco a correre con lui, tutto cambia e non sono pronta.
Questo senso di confusione che mi fa fare cose strane che mi annebbia testa e cuore, che mi fa desiderare che sia più dolce anche la morte.
Quale è il conflitto interno delle persone che amano, di quelle che pensano, di quelle che vogliono vivere la vita e sanno che per farlo dovranno scegliere il male minore...
Cosa vale veramente? E' vero forse che chi troppo vuole nulla stringa? Perchè ho bisogno di vibrare per sentirmi viva? Perchè non sono come gli altri e non considero un sorriso una smorfia sul viso invece che il più bello dei regali?
Come posso aver trovato l'elisir di lunga vita e accorgermi che è il più potente dei veleni? Posso veramente poter scegliere di non berlo? Posso veramente esimermi da questa scelta?
Ciò mi è posto in un piatto d'oro nel quale vedo il riflesso delle mie labbra che bramano il sapore di quell'elisir anche se sanno che sarà per l'ultima volta.
Piano morirò per effetto della dolce sensazione che un istante può regalare e lungo e tormentato sarà il risveglio e forti le fitte al petto.
Non sarebbe meglio morire ora allora? Non sarebbe meglio morire veloce senza soffrire? E cosa ricorderei? Di aver amato e di non saper toccare, dimostrare e sentire sulla mia pelle quelle sensazioni che provo senza essere sfiorata.
Ma sono veramente quelle le sensazioni che si prova amando? O sono tutte congetture della mia mente sbagliata?
Riesco a fare ciò che voglio della mia e dell'altrui vita. E giusto anche questo? E' un potere che non so controllare e di cui temo la forza.
Allora perchè non fuggire da tutto ciò a cui posso nuocere e vivere nel ricordo? Nel ricordo di cosa? Di sensazioni immaginarie e di Vero Dolore ...
Vero Dolore ... posso provarlo anche stando sola ... Vero Dolore ... sono capace di resistere ... Vero Dolore ... per quanto ancora?

venerdì, febbraio 01, 2008

My Immortal


My Immortal

I'm so tired of being here

Suppressed by all my childish fears
And if you have to leave
I wish that you would just leave
'Cause your presence still lingers here
And it won't leave me alone

These wounds won't seem to heal
This pain is just too real
There's just too much that time cannot erase

CHORUS:
When you cried I'd wipe away all of your tears
When you'd scream I'd fight away all of your fears
I held your hand through all of these years
But you still have
All of me

You used to captivate me
By your resonating life
Now I'm bound by the life you left behind
Your face it haunts
My once pleasant dreams
Your voice it chased away
All the sanity in me

These wounds won't seem to heal
This pain is just too real
There's just too much that time cannot erase

Chorus

I've tried so hard to tell myself that you're gone
But though you're still with me
I've been alone all along

Chorus