giovedì, settembre 24, 2009

Sedevo su quel gradino,
dopo aver ceduto il mio posto agli altri.

Giocavo con i miei piedi
e con la cinghia della borsa.

Attendevo.

I miei occhi hanno iniziato a vagare
e si sono posati sulle persone,
sulle loro facce stanche,
sui segni del tempo,
sulle ruvide nocche delle dita,
nelle gambe macchiate,
sulla pelle senza odore,
negli sguardi assenti.

Dentro di me nasceva,
cresceva,
dilaniava.

E mi miei occhi viaggiavano
sulle labbra senza sapore di baci,
nei movimenti automatici e metodici,
sui discorsi senza senso,
nei dolori del tempo,
nel disgusto dei miei sentori.

Dentro di me s'apriva,
urlava,
avvampava.

Il mio sguardo saltava
di gente in gente
mentre il mio cuore impazziva di dolore.

Ho iniziato a correre verso la porta,
in un pianto dirompente fino a quando
rannicchiandomi su me stessa
vicino alla fermata di un autobus
ho ritrovato il controllo e la pace.

Il tempo passa,
non lo posso fermare,
anche se avevo carte buone
non le ho giocate,
le spine sono rimaste nelle mani
e non posso toglierle.

E rimane la fobia
di camminare senza meta
per poi arrivare alla fine della vita
e morire comprendendo
di non aver mai vissuto.

2 commenti:

marlene ha detto...

la caducità della vita è cio che dovrebbe spingerci a viverla

Ormoled ha detto...

Carte non giocate e non più giocabili, ne ho una collezione. Anche di muovermi senza meta, capita, più spesso ho una meta ma non so la strada. Poi quando si mette in mezzo al gioco il tempo le cose si fanno più chiare. Il tempo è prezioso, più del denaro, e va sfruttato e assaporato il più possibile, perchè qualsiasi cosa abbia in mente devo aver tempo per farla. Del tempo che ho sprecato? pazienza ne trarrò un insegnamento:)
Poi penso che a fronte di molte carte non giocate ne ho molte di più da giocare, e se per arrivare alla meta non ho una strada, nessuno mi vieta di costruirmela passo passo. Insomma se le cose non hanno un sapore di guadagnato sto scoprendo che non mi piace.
Ciao :)