Adoravo stare da sola, mentre il mondo si muoveva intorno.
Erano tutti così abituati a questo,
che i miei capelli ondeggiavano nel vento dei loro odori
senza accorgersene.
Rimanevo a guardare le scarpe, spostando leggermente i piedi
e sorridendo dentro me stessa,
quando leggevano gli articoli scritti sul mio giornale.
Sentivo tacitamente i loro commenti,
avevo un buon team di grafici e scrittori,
ero veramente soddisfatta. E silenziosa.
Così passarono anni, continuavo ad pubblicare con cadenza,
se non quindicinale, mensile.
I miei ragazzi mi amavano e mantenevano il segreto.
In cambio davo a loro la possibilità di scrivere e di pensare,
di dichiarare al mondo le loro idee
senza che queste fossero pilotate o censurate.
Un giorno d'inverno camminavo per gli enormi corridoi,
avevo la mia malboro in mano e scrutavo i finestroni di vetro
non curante delle persone che mi sfrecciavano intorno.
Scendetti le scale anti incendio, lentamente.
Nessuno, come al solito, mi notò.
Arrivai al cortile, accesi i miei pensieri sperando si dissolvessero.
Notai arrivarmi incontro una nuova ragazza,
correva con in mano il suo scritto.
Soprassalì.
Proveniva dall'altra parte del cortile,
diametralemente opposta a me.
Non ebbi fiato per fermala, non ebbi tempo.
Iniziò ad urlare il mio nome.
Le lettere venivano scandite come rintocchi di un campanile
che segna la messa a morte del condannato.
"A S H A"
Tutti si voltarono. Mi avvolse il terrore di un divenire inesorabile.
Guardarono con i loro grandi occhi ciò e colei
che avevano sempre ammirato in anni e anni
e che non sospettavano essere proprio quella persona
che nella vita reale rigettavano e emarginavano.
Iniziarono i gridolini e le risa di quella gente
che neanche consideravo tale.
Un ragazzo si avvicinò
chiedendomi se veramente fossi io la persona
che la ragazza aveva urlato con tanta fretta
svelando il segreto che avevo mantenuto per anni,
confessando quel segreto che solo i fidati sapevano.
Accennai un sì con la testa,
fra le risa della gente che divenivano spilli
sui quali avrei dovuto camminare per tornare in classe.
Mi mancava il fiato, sicuramente avrei aspettato che tutti
corressero sulla scala anti incendio per rientrare
prima di muovermi.
"Sarebbe un onore accompagnarti in classe"
I nostri occhi si incrociarono.
Lesse il mio stupore, come io il suo, al mio assenso.
Camminammo lentamente,
e non erano spilli e non dovevo correre.
Alzai lo sguardo dritto davanti a me,
incrociavo gli altri e non mi facevano male.
Le mie braccia incrociate si sciolsero,
iniziarono ad accarezzare i fianchi e a muoversi
armoniosamente.
Il passo indeciso e schivo,
divenne una falcata sicura alla quale gli altri
si spostavano o avrebbero ricevuto una spallata.
Era ora di cambiare,
avevo sopportato troppo, avevo finto troppo.
Il mondo mi aveva emarginato
perché io lo avevo permesso.
Continuavo a camminare,
accennai un sorriso.
Celebrai così la morte del mio animo di fanciulla.
E la mia rinascita.
Erano tutti così abituati a questo,
che i miei capelli ondeggiavano nel vento dei loro odori
senza accorgersene.
Rimanevo a guardare le scarpe, spostando leggermente i piedi
e sorridendo dentro me stessa,
quando leggevano gli articoli scritti sul mio giornale.
Sentivo tacitamente i loro commenti,
avevo un buon team di grafici e scrittori,
ero veramente soddisfatta. E silenziosa.
Così passarono anni, continuavo ad pubblicare con cadenza,
se non quindicinale, mensile.
I miei ragazzi mi amavano e mantenevano il segreto.
In cambio davo a loro la possibilità di scrivere e di pensare,
di dichiarare al mondo le loro idee
senza che queste fossero pilotate o censurate.
Un giorno d'inverno camminavo per gli enormi corridoi,
avevo la mia malboro in mano e scrutavo i finestroni di vetro
non curante delle persone che mi sfrecciavano intorno.
Scendetti le scale anti incendio, lentamente.
Nessuno, come al solito, mi notò.
Arrivai al cortile, accesi i miei pensieri sperando si dissolvessero.
Notai arrivarmi incontro una nuova ragazza,
correva con in mano il suo scritto.
Soprassalì.
Proveniva dall'altra parte del cortile,
diametralemente opposta a me.
Non ebbi fiato per fermala, non ebbi tempo.
Iniziò ad urlare il mio nome.
Le lettere venivano scandite come rintocchi di un campanile
che segna la messa a morte del condannato.
"A S H A"
Tutti si voltarono. Mi avvolse il terrore di un divenire inesorabile.
Guardarono con i loro grandi occhi ciò e colei
che avevano sempre ammirato in anni e anni
e che non sospettavano essere proprio quella persona
che nella vita reale rigettavano e emarginavano.
Iniziarono i gridolini e le risa di quella gente
che neanche consideravo tale.
Un ragazzo si avvicinò
chiedendomi se veramente fossi io la persona
che la ragazza aveva urlato con tanta fretta
svelando il segreto che avevo mantenuto per anni,
confessando quel segreto che solo i fidati sapevano.
Accennai un sì con la testa,
fra le risa della gente che divenivano spilli
sui quali avrei dovuto camminare per tornare in classe.
Mi mancava il fiato, sicuramente avrei aspettato che tutti
corressero sulla scala anti incendio per rientrare
prima di muovermi.
"Sarebbe un onore accompagnarti in classe"
I nostri occhi si incrociarono.
Lesse il mio stupore, come io il suo, al mio assenso.
Camminammo lentamente,
e non erano spilli e non dovevo correre.
Alzai lo sguardo dritto davanti a me,
incrociavo gli altri e non mi facevano male.
Le mie braccia incrociate si sciolsero,
iniziarono ad accarezzare i fianchi e a muoversi
armoniosamente.
Il passo indeciso e schivo,
divenne una falcata sicura alla quale gli altri
si spostavano o avrebbero ricevuto una spallata.
Era ora di cambiare,
avevo sopportato troppo, avevo finto troppo.
Il mondo mi aveva emarginato
perché io lo avevo permesso.
Continuavo a camminare,
accennai un sorriso.
Celebrai così la morte del mio animo di fanciulla.
E la mia rinascita.
4 commenti:
Questo post carico di luce e nuove speranze mi ha destato dal mio sonno criogenico, ora sorrido, mi sento fiero per te.
Rigenerata dal tuo Io, in qualcosa di nuovo che nuovo non è.
La vita nella sua ironia a volte è crudele. Ti adoravano senza saperlo, amavano la tua anima ma emarginavano la tua persona.
Avrebbero dovuto farsi LORO da parte, abbassare la testa, e vergognarsi, non tu.
Ma per fortuna in fine la testa l'hai alzata. Non devi mai più, MAI PIU' abbassarla.
E chi non ti rispetta, non ti merita (e non si merita niente).
Ti amo infinitamente, felice di scandire il tuo nome con tutto il fiato che ho in gola...MERAVIGLIOSA A S H A!
Semplicemente...ti ammiro...bravissima.Ascy,le mie parole potrebbero essere senza senso,come potrebbero non esserlo...ma mi sento di dirti col cuore che sei veramente unica...Oggi festeggio un anno blog,mi farebbe piacere se fossi li con tutti noi...ti aspetto...un pezzo di torta,un bicchiere di spumante..e un abbraccio per una nuova amicizia,si ricomincia il percorso...Un abbraccio.Ciao dolce luna.
Esperienza fantastica!
Complimenti.
ciao
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