Un lungo abbraccio per sentire il vostro odore per l'ultima volta.
Un dolcissimo sguardo per ricordare i vostri occhi Zio e Zia che
avete deciso di lasciarci a pochi giorni di distanza
per raggiungere la mia Nonna che con
accomodante e sempiterno fare vi guiderà verso un'altra avventura.
Sono serena a pensare che Nonna Maria vi stia aspettando
e che abbia come suo solito
cucinato per un esercito di persone, le cibarie migliori.
Sento ancora il profumo dell'arrosto nel forno,
dei pomodori col riso alla maggiorana, della farina sparsa sul tavolo
per le tagliatelle, dei vassoi di patate che mi litigavo con Zio.
Il odore acre della pipa di radica scura di mio Nonno,
la voce del telecronista del ciclismo e le immagini bianche e nero
dei paesaggi di montagna.
Io correvo per il corridoio portando acqua,
le posate buone, i bicchieri di cristallo con le stelline incise,
i piatti sempre diversi che non bastavano mai,
la frizzina da aggiungere all'acqua,
l'immancabile vino nero e mi sedevo sulla sedia a dondolo.
Quelle erano domeniche, col cuore che mi scoppiava di allegria,
col sole che batteva alle finestre e voleva entrare in casa nostra,
col fischio dell'acciaieria alle 12 che ci ricordava
che era ora di mettersi a tavola.
Il mio augurio è che da ora in poi possa essere ancora Domenica,
che piano piano aggiungerete sempre un posto a tavola per Noi
che nel corso del tempo vi raggiungeremo.
E sarà sempre Domenica, la tavola sempre più lunga,
il mio cuore non smetterà in eterno impazzire di felicità
e con le scarpe di lucido rosso continuerò a correre per il corridoio.