giovedì, luglio 17, 2008
C'è un posto che temo.
Anche se il verbo temere non è quello più esatto.
C'è un posto nei nuovi autobus.
In fondo, dietro ad una specie di vetro separatore.
Sembra di stare in vetrina eppure le persone ti ignorano più del normale.
Là la realtà è sospesa oppure si riesce a guardare "la realtà", qualunque cosa questo termine denoti, in una maniera diversa.
Noti signori attempati strusciarsi con maliziosa e repentina giocosità tra signorine distratte.
Oppure signore ritardatarie, che interrompono il chiacchiericcio con una ipotetica interlocutrice e che muovono il loro telefonino con piccoli e deliziosi ritmi e poi, per interminabili secondi, sono congelate nella visione (ammirazione? O che altro?) di qualche bel giovane ...
E quasi è palpabile il loro improvviso desiderio che improvvisamente scema al sentire nuovamente una vocina di vespa proveniente dal suddetto telefonino.
Seduta in quel posto si vedono giochi di sguardi. Sembra quasi leggere un po' i pensieri della gente. Poi un giorno due bellissime ragazze accanto a me.
Una con chiaro accento napoletano. Bellissime. Si baciano. E ciò mi sconvolge. Mi turba.
Ma sono turbata dal fatto che sembra che ci siano solo loro e invece l'autobus è pieno.
Un altro giorno, una lei giocarellona giocava eroticamente con il suo lui.
E poi, l'ultima volta che mi sono seduta in quel posto, la mia lettura veniva disturbata dall'assordante rumore leggero dei fogli di un giornale gratuito caduto a terra.
Distrattamente raccolsi il giornale porgendolo alla ragazza che solo allora notai.
Nei suoi occhi mi persi.
Io ero persa.
Per fortuna, qualcosa di automatico e gentile rispondeva al mio posto.
E quando, per prendere il giornale, la sua mano sfiorò la mia compresi quale incredibile alchimia tantrica avrebbe potuto nascere tra me e quella sorridente sconosciuta.
Ma ora in autobus viaggio quasi sempre in piedi.
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1 commento:
Non capisco questo Dio che ci fa incontrare ma non ci dà la possibilità di stare insieme
(dal film City of Angels)
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