lunedì, luglio 13, 2009

Quanta sventatezza nel nostro essere,
quanto dolore nel tempo che si posa sulla pelle
e lascia il suo passaggio.

Che languore questa mattina nello stomaco,
dopo tutto il ragionare della notte,
nulla è cambiato. Forse evidenziato.

E scorrevo lo sguardo sulla spiaggia
fra i corpi carnali della gente,
i loro costumi e l'esser vetrina.

Dentro di me aumentava un senso di disgusto,
probabilmente dovuto dal fatto
che con chiunque scambiassi una parola
non c'era possibilità di andare oltre
ai convenevoli saluti.

E allora vedevo che su quelle pelli,
il tempo aveva lavorato più assiduamente
per quanto loro cercassero di nasconderlo.

Avere come unica dimora il proprio corpo
e vederlo sfarsi nel tempo,
dovrebbe essere il danno più grande.

Ho paura di invecchiare.

Ma non perché il mio corpo muti,
ma perché mi verrà tolta pian piano
la mia autonomia nel fare, nel prendere,
nell'ottenere e, diametralemente,
si incrementerà il mio desiderio e il mio bisogno.

Arriverò così ad un collasso di intenti e possibilità,
che mi porterà inesorabilmente alla morte,
seppur non fisica, dell'Anima.

Perché il mio bramare è Energia.

Se qualcosa bloccasse questo,
si spezzerebbe il nucleo portante della mia Vita.
L'Avere perché Desidero.
Il Cercare perché Manca.
Il Sapere perché è Curiosità.

E più scorrevo con gli occhi sulla gente
e più il mio stomaco rivoltava e gorgogliava.

Sono rimasta con quel sentore,
che anche stamattina non riesco a togliere.

Vorrei chiudere lo sguardo sulla gente
e poter ascoltare solo il loro Dentro.

Ma probabilmente, oltre a bisbigli lontani,
non udirei molto.

2 commenti:

NERO_CATRAME ha detto...

Avere perchè Desidero.
Il cercare perchè manca.
Il sapere perchè è curiosità.
Cosa altro è che ci fa sentire vivi?L'involucro cambia,muta,il tempo lo logora,ma non è il telaio che ci sostiene,non è la forza della vita.
Quando viene a mancare questa energia ci si ferma ,c'è chi accetta questa cosa,c'è chi non la sopporta,chi perde ogni senso alla vita.Le parole di nonna risuonano continuamente in me,quando solo noi in quella stanza di ospedale,mi guardò e disse "Stavolta non ce la faccio,me ne vado"

Luciano Penco ha detto...

Il corpo come involucro, già. Involucro di qualcosa di invisibile e per questo poco percettibile.
"Ciò che è essenziale è invisibile agli occhi"(dal Piccolo Principe).
Si suppone che altri non sappiano, non cerchino, non abbiano domande. Forse. O forse non comunicano soltanto, non osano farlo. Forse pensano di noi la stessa cosa, quando ci guardano mentre siamo intenti a fissare apparentemente il vuoto e invece molto assorti a gettare lo sguardo oltre l'orizzonte delle nostre percezioni per cercare nuovi confini dentro cui espanderci.
Non sappiamo degli altri, come gli altri non sanno di noi.
Unico momento di contatto: la magia del silenzio e di qualcosa di indefinibile. Allora la voce tace, l'anima parla. E tutti hanno qualche autentica profondità da donare e da ricevere.