- Il mondo va considerato come una lotta tra due princìpi equipotenti. Poiché in ogni uomo avviene una lotta quotidiana senza possibilità tra bene e male, non esistono quindi confini tra i due e la non-esistenza di uno corrisponde all'inevitabile non-esistenza dell'altro. Ogni gesto che l'uomo compie nell'arco di una giornata non può essere distribuito in nessuno dei due principi: ogni gesto che facciamo è l'unione dei due opposti -
Quando il più vecchio degli uomini doveva ancora emettere il suo primo respiro e quando la terra era ancora una bambina, viveva un angelo. E sbagliate nel pensare che costui fosse un angelo qualunque: si da il caso che l'angelo di cui vi sto per narrare le vicende, fosse e ancora oggi è ricordato come l'angelo più bello che Dio abbia mai creato. Il Signore una mattina si era svegliato e sentendosi un po' solo decise di crearlo: con un po' di luce dipinse la sua pelle diafana, con le onde del mare colorò gli occhi, con la buona terra ne disegnò i capelli e con le nuvole plasmò due ali magnifiche. Non esagero nel dire che, nemmeno oggi, nessuno ha mai superato in bellezza quell'angelo. L'essere meraviglioso passava le giornate in compagnia della madre terra: intonava canti agli alberi della foresta, intrecciava margherite e amava tuffarsi nelle nuvole.
Quando volava nel cielo sembrava un immenso uccello di luce, perché dovete sapere che l'angelo emanava luce e calore come il sole.
Accadde un giorno che l'angelo cominciò a volare sopra l'immenso oceano, amava l'oceano ma aveva paura di caderci dentro, dato che gli angeli non sono creature d'acqua. Ma il destino volle che l'angelo, malinconico da tanto tempo, vedesse il suo viso riflesso nell'acqua, e in cerca di compagnia si tuffò fra le onde. Il buon Dio vide la scena, e rattristato che il suo amato angelo si fosse sacrificato pur di trovare l'amore, concesse una seconda possibilità all'essere di luce: mentre scendeva verso il fondo del mare senza più speranza, il suo corpo si divise a metà. Si sdoppiò come quando si taglia una mela. Le ali si frantumarono in quelle che oggi chiamiamo "conchiglie", e andarono a depositarsi nell'abisso.
A quel punto una violenta tempesta piombò sull'oceano, ormai i due angeli che una volta costituivano un solo essere, uniti solamente dal loro debole stringersi di mani vennero divisi dalla tempesta. Si risvegliarono molto tempo dopo in due diverse sponde della terra, divisi dall'oceano immenso. E oggi sono ancora lì, che si cercano. Magari si sono trovati ma le loro ali per tornare a volare sono ormai perse sul fondo del mare.
La storia non finisce qui, come sembrerebbe. Alcune voci raccontano di come i due angeli dopo essere stati divisi dalla tempesta primordiale riuscivano a parlarsi anche se lontanissimi dato che le loro menti in origine erano solamente una sola. Condividevano gli stessi sogni, gli stessi dolori e felicità ma non si conoscevano e anche se si cercavano tra loro non avrebbero mai saputo che aspetto avesse l'altra metà. Nonostante questa triste verità, il loro cuore batteva all'unisono e pompava lo stesso caldo sangue. Solo il loro respiro pareva interrotto dallo scandire alternato dei loro polmoni. La tempesta li aveva portati in due diversi continenti, e mentre uno vagava in afose lande desertiche, l'altro esplorava le fredde foreste nere. Ma la sera, entrambi gli angeli ritornavano in riva a quell'oceano che tanto avevano amato e temuto. Restavano ammaliati dallo splendore della luna e rituffandosi nelle profondità degli abissi, i due angeli cercavano le ali perdute per ricongiungersi. Ma il loro cercare era vano poiché il Dio capì che il loro amore era così travolgente da superare di gran lunga quello che nutrivano nei confronti del loro Creatore. E in quel momento provò gelosia cosicché scagliò una maledizione: i due angeli non avrebbero mai dovuto incontrarsi, e se fosse accaduto sarebbero stati immediatamente divisi per l'eternità.
Passarono molti, troppi anni. I due angeli, divisi dal loro amato oceano, avevano cominciato a costruire nella rassegnazione due diverse vite. Mentre un angelo aveva costruito la sua abitazione in una grotta di cristalli nel deserto, l'altro angelo viveva in una bellissima torre d'avorio, circondata da una folta foresta. Quest'ultimo angelo, nonostante la sua agiata condizione, era sempre malinconico: si sentiva incompleto e non di rado gli sembrava di essere intrappolato in una gabbia dorata perché gli era proibito di essere semplicemente se stesso. Per la sua malinconia, quest'angelo usciva solo la notte, così facendo impallidì la sua pelle e i suoi vestiti tanto da venir soprannominato "angelo bianco".
L'altro angelo, invece, a differenza della sua metà, era soprannominato "angelo nero" poiché stava tutto il giorno fuori al sole, a cavalcare in riva al mare con un magnifico cavallo bruno.
Una notte che l'angelo nero ritornò alla sua grotta dopo la sua solita nuotata nell'oceano, cominciò a riflettere e mentre rifletteva si rese conto che non riusciva più a stare senza la sua metà. Uscì di casa e supplicò alla notte di mostrargli dove era finito l'altro angelo.
-"Ti indicherò io la via" sussurrò la luna, che si tramutò in una magica sfera al cui interno apparve l'immagine del suo dolcissimo angelo bianco, incastonato come una perla preziosa in quella torre in mezzo alla foresta, aldilà dell'oceano.
A quella meravigliosa visione l'angelo nero si commosse di gioia e i suoi occhi ricominciarono a brillare di una radiosa intensa luce perché finalmente comprese, che lo stargli accanto anche per un breve attimo, gli sarebbe valso qualsiasi sacrificio.
E così, visto che non poteva volare e non poteva raggiungere l'altro continente, l'angelo nero stipulò un terrificante patto con le oscure forze del male. Donò al maligno in persona la sua anima candida, in cambio di un nuovo corpo con cui volare oltre l'oceano senza che Dio lo potesse vedere. Venne tramutato in un corvo nero come il più oscuro degli abissi con occhi magnetici e imperscrutabili. Con le sue scure ali il corvo oltrepassò l'oceano e arrivò alla torre d'avorio dell'angelo bianco quando la luna navigava ancora in cielo. Silenziosamente il corvo entrò nella camera da letto dell'angelo bianco e con raffinata grazia si mise sulla sponda del letto immobile, continuando a rimirare quella creatura come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
La luna, sbirciando tutto da una minuscola fessura nella parete, fece entrare un suo magico spiraglio che ridiede all'angelo nero le sue magnifiche sembianze umane.
Le penne diventarono capelli dorati e ondulati come il mare, gli occhi neri divennero verdi come lo smeraldo e l'animale ritornò ad essere l'angelo nero, una meravigliosa fanciulla bionda dalla pelle scura e vellutata: indossava una veste di seta scura e portava al collo una conchiglia di madreperla.
Osservò in silenzio l'angelo bianco: era un giovane uomo dal lunghi capelli scuri, aveva le labbra rosse come il sangue e la pelle eburnea. A quel punto quel giovane e seducente angelo si svegliò.
Osservò la fanciulla che sedeva sul suo letto e la riconobbe: era il suo amato angelo nero, la sua dolce metà. E credetemi, quando vi dico che nessuna parola può descrivere la passione travolgente delle loro emozioni quando si guardarono negli occhi e si strinsero le mani.
Si accarezzarono il viso a vicenda cercando di rubare alla memoria del tempo quel loro magico trasporto e si sfiorarono le labbra per un poco prima di cadere nella profondità del più intenso del baci mai esistiti e che mai esisterà. Sembrava tutto perfetto, ma quella perfezione candida e troppo potente svegliò quel Dio invidioso che avverò la sua maledizione. I due angeli non avrebbero più potuto vedersi, dovevano essere divisi in eterno.
D'un tratto la ragazza si ritrasse dal suo amore dicendo:
-"Ora so cos'è la felicità , ricorda che ci ameremo per sempre"
E insieme bisbigliarono: "Finché i nostri fragili cuori non cesseranno di pulsare, e i nostri polmoni di respirare, e i nostri occhi di vedere, e la nostra bocca di parlare. Finché la terra continuerà a germogliare frutti, finché non esaleremo il nostro ultimo respiro.
Ci ameremo, qualsiasi castigo sconteremo, da qui all'eternità, e ancora, e ancora…"
Tutto ad un tratto una vorticosa nuvola di fumo uscì dai piedi della fanciulla e le avvolse l'esile figura. Il giovane angelo bianco ebbe paura di ciò che vide. L'angelo nero cominciò a gridare di dolore e la sua mostruosa metamorfosi ebbe atto: dalla sua schiena sinuosa si snodarono due ali scure e dinoccolate, la luce che prima aveva negli occhi si spense per sempre, i suoi capelli si colorarono di pece e il suo corpo perse sesso e identità proprio come uno dei tanti servitori del male.
Il suo cuore fu lacerato dalla vergogna che il suo amato angelo l'avesse vista in quello stato. E così l'angelo nero fuggì nelle tenebre, sopraffatto dalle forze demoniache, le sole tuttavia corse in suo aiuto per esaudire il suo unico desiderio.
L'angelo bianco cadde nella disperazione e qualcosa più forte dell'amore e più perfido dell'invidia lo fece cadere in un eterno sonno. Un raggio di luna lo sollevò delicatamente e distese l'angelo sul letto, lasciò lì quel giovane che fra le mani stringeva ancora la collana di conchiglia del suo amore. E non si svegliò.
Non si seppe mai che fine abbia fatto la creatura oscura in cui la ragazza era stata tramutata. O è meglio non pensarci…
Io penso che venga a prendere le anime dei dannati quando muoiono, per assaporarne i cuori ancora caldi e rubargli i ricordi di vita vissuta, quasi a voler cercare nella sua mente il vano ricordo di una pur precaria forma di sentimento. Difficile a dirsi ciò che può provare quell'angelo maledetto che ha perso per sempre la sua anima per amore.
L'unica certezza è che tutte le notti l'angelo nero, stremato dalle forze, si tramuta in un gatto scuro dagli occhi d'ambra e dal pelo lucido come la seta. Così travestito, l'angelo maledetto si dirige alla torre d'avorio, dove l'angelo bianco dorme incessantemente. E nel silenzio della notte, quel gatto si accerta senza tregua che nessuno disturbi il dolcissimo e doloroso sonno del suo unico amore…
Come passano veloci i giorni, le settimane, i mesi e anni. E gli anni si accumulano, così passano anche i secoli e i millenni. Le stagioni si susseguono ininterrottamente e dopo tanto tempo che le vedi scivolare via, ti abitui alla loro danza regolare e logorante. La primavera cade con il suo manto di piogge e di fiori appena sbocciati, l'estate soffia sulla terra con il suo alito caldo, l'autunno precipita con le foglie fulgide degli alberi e poi c'è l'inverno. L'inverno, forse l'unica stagione in cui la vita non sembra pesare tanto. La neve sembra fermare il tempo, il crudele tempo che distrugge ogni cosa, anche la più piccola. Il gelo sembra bloccare il tempo, il tempo spietato che non lascia scampo a nessuno, il tempo che prima o poi finisce per tutti…o no?
Forse no, forse c'è qualcuno che non ha paura del tempo.
È inverno, uno dei tanti inverni che sono passati davanti agli occhi del mondo. È notte, ma non abbiate paura perché la notte è molto più sicura del giorno la maggior parte delle volte. Provate a immaginarvi una foresta immensa, nascosta alla vista dei mortali; dentro la foresta c'è una torre meravigliosa costruita con il più candido avorio. Un animale sbuca sinuoso dalla boscaglia e si avvicina alla misterioso torrione: è un gatto. Un gatto nero, scuro e misterioso come il vento del nord. L'animale entra nella torre e sale le scale silenziosamente. Poi entra in una stanza: c'è un letto al centro della stanza e sul letto dorme un essere di luce. Il suo viso è di porcellana purissima! Quella creatura ha la pelle così pallida da sembrare fatta con le lucenti perle del mare.
È un angelo, un dolcissimo angelo assopito in un sonno di morte: l'angelo bianco è un fiore, un fiore che non sboccerà. I suoi petali di lacrime e malinconia sembrano schiudersi da un momento all'altro, ma non sboccerà.
È un fiore che non appassisce mai. È lui che non ha paura del tempo…ma cos'è che lo tiene in vita? Questo accadeva ogni notte: l'angelo maledetto visitava il sonno del suo amore tramutato in un gatto nero ma stava in guardia dal giorno che avrebbe potuto ucciderlo. Quando il primo raggio di sole spuntava nel cielo del mattino, il gatto si gettava dalla finestra e ritornava alle sembianze del Cacciatore di Anime, quella bestia diabolica che con le sue ali mostruose ritornava all'inferno, rifugiandosi dalla luce.
Ormai l'angelo maledetto non ricordava più il motivo della sua visita notturna alla torre. Erano passati millenni da quando il suo amore si era addormentato: non si ricordava più chi era stato e chi era quella creatura che dormiva sul letto. L'angelo maledetto si recava ogni notte alla torre per abitudine, non c'era più nulla di umano in lui, c'era solo fame di altre anime, nient'altro.
Era una mattina d'inverno, come tante altre. Il gatto nero guardava la creatura di luce che dormiva sul letto. Spuntò il primo raggio di sole: il gatto miagolò di dolore, corse elegantemente verso la finestra e si gettò. Mentre cadeva il pelo di gatto sparì per farvi comparire i muscoli privi di pelle, le ali e gli occhi senza fondo del Cacciatore di Anime. Ritornato quello di sempre, egli cominciò a volare per raggiungere gli inferi, dove il giorno e il Dio vendicativo non potevano nuocergli. Ma non andò tutto come previsto: mentre scappava dalla luce, l'angelo maledetto scorse l'oceano in lontananza. Allora un vaghissimo e impercettibile ricordo gli affiorò alla mente. E quel ricordo si concentrò in una piccola lacrima che scivolò sul viso rugoso del mostro e cadde nell'aria.
Il freddo congelò quella lacrima in quella che noi chiamiamo un "cristallo di neve" che trascinato dal vento ritornò nei pressi della torre d'avorio. Appena il cristallo di neve si avvicinò all'indistruttibile vetro della finestra, questo di sbriciolò in milioni di schegge, sopraffatto dalla potenza racchiusa in quel granello di ghiaccio. Il cristallo di neve entrò nella torre, raggiunse la stanza dell'angelo bianco e si posò sulle sue labbra.
Il sole lo illuminò e il cristallo si sciolse ritornando la lacrima dell'angelo maledetto.
Per un istante tutto il mondo si fermò, il tempo tolse un battito di vita ad ogni creatura mortale e lo trasferì al cuore dell'angelo bianco.
Un suono echeggiò nella torre: un battito. Poi un altro battito risuonò. Ancora. Il cuore dell'angelo stava battendo…D'un tratto, il cadavere bianco dell'essere di luce si rianimò e si alzò di scatto urlando a squarciagola. Cominciò a dimenarsi e a tremare, graffiandosi il volto con le mani e non smettendo di gridare con urla disumane… sembrava un sonnambulo immerso nell'incubo più terrificante…
Si era svegliato dal sonno di morte che l'aveva imprigionato da sempre e tutto il dolore gli tornò in mente. Strinse la collana di conchiglia che teneva ancora fra le mani candide. Sentì qualcosa dentro di sè scoppiare in mille schegge, gli tornò in mente il bacio con il suo amato angelo nero, gli tornò in mentre la sofferenza e l'oceano.
I suoi occhi si abituarono presto alla luce accecante del giorno che venne scacciato dalla potenza del dolore. Il sole scomparve, la luna tornò in cielo e l'oscurità calò sulla terra. L'angelo si alzò in piedi, avvolto dalla sua tunica bianca. Si avvicinò alla finestra ridotta in briciole e con i suoi occhi iniettati di dolore osservò il mondo.
Il mondo era cambiato, il mondo era diventato una enorme fabbrica di morte: vide i vecchi venire uccisi dai bambini, vide l'amore venire ucciso da un altro amore, vide tutto l'orrore di questo mondo. E l'aria sapeva odore di sangue, l'aria odorava come quell'antico giorno in cui il fratello disse all'altro fratello: "Andiamo assieme nei campi…"
E tutto questo fu troppo per l'angelo bianco. Voleva riunirsi al suo amore, non gli importava cosa sarebbe successo. La sete giustiziera sgorgava come un immenso fiume dal suo cuore. -"Sto venendo a prenderti!" gridò.
Allora l'angelo bianco si gettò nel vuoto, si aggrappò al ramo di un albero e da lassù implorò la notte di mostrargli dove era finito l'angelo maledetto.
-"Ti indicherò io la via" sussurrò un'altra volta la luna, che si tramutò in una magica sfera al cui interno apparve l'immagine dell'angelo maledetto, incastonato come una perla nera nelle viscere dell'inferno.
A quella dolorosa visione l'angelo bianco si crogiolò nella tristezza: voleva vendicare il suo amore che per punizione era stato tramutato in quel mostro orrendo. Doveva punire quell'abile burattinaio che aveva dato loro la vita e l'amore per poi negarglieli per sempre: doveva vendicarsi sul vecchio Dio, che spadroneggiava senza più ragione su un mondo che andava sempre più degradandosi.
L'angelo bianco sapeva che quella sarebbe stata l'impresa più ardua mai esistita e che avrebbe dovuto faticare per ottenere quello che voleva: riunirsi all'angelo maledetto.
Chiese alla luna dove viveva Dio. La luna gli mostrò il palazzo del Paradiso dove Dio sedeva sopra il suo trono costruito di stelle, protetto dall'immenso esercito dei serafini e dei cherubini.
A quel punto il Dio si accorse della notte che era calata senza il suo comando sulla terra, vide l'angelo bianco risvegliato ed ebbe paura. Allora Dio scivolò sulla terra travestito da vento e chiuse le porte dell'inferno richiudendo al suo interno tutti i demoni e i diavoli, compreso l'angelo maledetto che, inconsapevole di quello che stava succedendo, si rattristò solamente per il fatto che non sarebbe più potuto andare a trovare quella creatura di luce.
Ma c'era talmente tanto lavoro da fare giù all'inferno che non ebbe il tempo di pensare che già doveva frustare le anime dannate. Intanto per l'angelo bianco cominciò un periodo di addestramento: la sua forza mentale e fisica aumentava giorno per giorno e i suoi movimenti diventavano sempre più veloci e letali. Tutto questo per raggiungere il suo unico obiettivo: al collo di Dio c'era la chiave dell'inferno, l'angelo bianco doveva avere la chiave dell'inferno per poter andare a salvare il suo amore.
Giorno e notte si preparava alla più grande battaglia di tutti i tempi: la battaglia contro il cielo. Per tutto l'inverno le porte dell'inferno rimasero chiuse, impedendo all'angelo maledetto di uscire e a quello bianco di entrare, e presto si avvicinò il giorno in cui la potenza di quest'ultimo si sarebbe scontrata con la potenza di Dio.
Era una mattina ibernata in un freddo pungente quando l'angelo bianco, guidato dalla luna, si rituffò nell'oceano. Restò sott'acqua per molte ore prima che potesse ritornare alla superficie con il tesoro più prezioso fra le mani: aveva raccolto tutte le conchiglie esistenti ed ora si preparava al rituale.
Le stese sulla sabbia a forma di due immense ali e si distese al centro: la luce accecò l'intero universo e le ali presero vita. L'angelo ora si era riunito con dolore alla sue ali, ma non alla sua metà. Nel cuore della creatura di luce, dove fino a quel punto c'era stata solo dolcezza, crebbe la rabbia più spietata. La sopportazione era arrivata al termine e quel giorno viene ricordato ancora oggi come il giorno in cui le forze ancestrali presero forma: la collera amorosa si tramutò in ira violenta, le morbide curve dell'angelo bianco non potevano più contenere la sua sete di giustizia, o meglio…di vendetta.
Allora sulla sua fronte si schiuse un terzo occhio e, in tale incarnazione, era indubbiamente il vero signore della giustizia. Il suo nome diventò ora "Portatore di Luce" e il nuovo angelo pur essendo il più bello e dolce fra tutti portava ovunque andasse tristezza e dolore.
-"Sto arrivando!" gridò al cielo. Nella mente del bellissimo angelo c'era il viso del Cacciatore di Anime, quella fanciulla bellissima a cui era stata tolta la ragione, il volto umano e la capacità di provare amore. Doveva salvarla, era l'unico modo per placare la sua indole vendicativa.
La notte plasmò la sua essenza e la racchiuse in una spada micidiale e la saetta si racchiuse in una lunga frusta: le due armi schizzarono fulminee tra le mani dell'angelo.
A quel punto il Portatore di Luce, così armato, aprì le sue immense ali al cielo e con furia vendicativa si scagliò verso il Paradiso. Il Dio, protetto nel suo palazzo, vide quella meravigliosa creatura venirgli incontro non si preoccupò perché pensava fosse una divinità minore che arrivava per porgergli i sui servigi, ma poi riconobbe la sua vera identità e vide il terzo occhio aperto sulla sua fronte. -"Vieni e combatti in nome del mondo che hai creato" sogghignò l'angelo bianco.
Ma Dio non ebbe coraggio e inviò così a combattere il suo esercito di serafini e cherubini.
Vedendo l'esercito angelico venirgli incontro, il Portatore di Luce sentì spezzarsi il fragile filo che divide la giustizia dalla vendetta. La frusta del Portatore di Luce schioccò sulle nubi scure e la spada roteava sopra di lui illuminando il cielo come un secondo sole. Pur essendo in balìa di tale furia vendicativa, l'esercito di angeli non aveva paura: sapendo che appena una goccia del loro sangue angelico fosse caduta a terra sarebbe subito apparso un altro esercito di angeli.
All'improvviso un serafino usci dalla massa e si gettò contro il nemico: quando le lame ebbero tagliato la gola, il Portatore di Luce si piegò verso la sua vittima e spalancando la bocca bevve il sangue che scorreva a fiotti, senza farne cadere una sola goccia. Quando il corpo del serafino smise di sanguinare, l'angelo bianco si pulì con la lingua le labbra seducenti e quindi gettò a terra il cadavere prosciugato. All'avvicinarsi del Portatore di Luce, l'esercito angelico si impaurì e cercò di volare altrove. Ma il terzo occhio li catturò inevitabilmente e la furia dell'angelo bianco si scatenò, uccidendo ogni forma di vita e bevendo il sangue che scorreva senza farne cadere una sola goccia.
Ad un certo punto i serafini e i cherubini si inchinarono davanti a lui che sorrise sapendo che la sua amata non avrebbe più dovuto soffrire. Gli angeli rimasti in vita promisero che lo avrebbero servito da quel momento in poi e lui accettò i loro servigi.
Prima di scontrarsi con il Dio, l'angelo bianco si abbellì il collo con una collana di teste angeliche e così avanzò, seguito dai suoi nuovi seguaci.
Dio lo aspettava e quando lo vide arrivare ebbe paura: non aveva mai visto nulla di così bello e potente e per un solo istante pensò che quella creatura lo avrebbe superato.
Il Portatore di Luce varcò le porte del Paradiso e si avvicinò sempre più al trono del Dio. Entrò nel palazzo del Creatore, dopodiché il silenzio assordante imperò nel cielo.
L'occhio di Dio osservava il terzo occhio del Portatore. Le due creature cercavano di rubarsi l'un l'altra i segreti della saggezza e della loro potenza. Poi Dio parlò, la sua voce suadente echeggiò come un tuono tra le montagne.
-"Da molto tempo non posavo gli occhi su qualcosa di così bello, così innocente. Sei più vulnerabile di quanto credi, cosa ti rende così sicuro di te stesso?" domandò Dio. Il Portatore di Luce rispose poco dopo, il suo terzo occhio fremeva di rabbia e il sangue gli scoppiò nei capillari.
-"Quando ci hai creato sapevi che il nostro amore avrebbe superato quello che riservavamo nei tuoi confronti. Eppure ci hai dato vita ugualmente. Perché? Per noia, perché volevi sperimentare un nuovo gioco? Gli uomini ti hanno venerato per troppo tempo e per troppo tempo hanno temuto le forze del male, non sapendo di che natura appartenete entrambi.
Sono passati millenni da quando ho visto per la prima volta il mio amore, ho capito che fino a quel momento la mia vita non aveva mai avuto un senso. Non ero nessuno fino ad allora. Ho amato e mi sono ultimato nel farlo. Sono morto e sono risorto per ritornarle accanto; e tu mi chiedi cosa mi rende così forte? Non ti sembra ovvio Mio Signore? È l'amore che mi rende così forte! L'amore che mi ha risvegliato dalla morte per riunirmi alla mia metà!"
-"Non dovresti sottovalutare la morte" sibilò Dio. Poi ricominciò dicendo: "Sei sicuro che l'unione può recarti la felicità che tu e il tuo angelo nero sognate?"
-"Si, ne sono sicuro!"
-"E perché?"
L'angelo bianco afferrò la collana di conchiglia del suo amore.
-"A cosa serve spiegare il perché? A cosa serve analizzare una cosa così immensa come l'amore che unisce me e l'angelo nero, sapendo che non ha una soluzione o una logica. A cosa serve raccontare di tutte quelle volte in cui ci siamo sentiti soli, tutte quelle volte che abbiamo pianto singhiozzando perché il tempo stava distruggendo ogni cosa. A cosa serve parlare di tutte quelle volte in cui siamo inciampati nella speranza di incontrarci, di quando non potevamo vederci ma ci amavamo. I millenni sono passati nel silenzio più assordante, perfino la morte ha avuto pietà di noi e il tempo mi ha concesso di rinascere per salvarci. Io ho ritrovato le ali e potrei continuare a vivere in eterno come l'angelo più bello fra tutti; potrei perfino prendere il tuo posto, ma non lo farò, perché so che il mio unico amore soffrirà in eterno imprigionata nel suo mostruoso involucro di carne. Io sono ora il Portatore di Luce mentre lei è diventata da molto tempo il Cacciatore di Anime, ma malgrado questo, la nostra passione sopravvive! Siamo sopravvissuti alla tua forza divina, mio Signore! Finché i nostri fragili cuori non cesseranno di pulsare, e i nostri polmoni di respirare, e i nostri occhi di vedere, e la nostra bocca di parlare. Finché la terra continuerà a germogliare frutti, finché non esaleremo il nostro ultimo respiro. Ci ameremo, qualsiasi castigo sconteremo, da qui all'eternità, e ancora, e ancora. Questo mi rende sicuro della nostra unione, questo ci rende immortali!"
E allora il Dio pianse e non riuscì a guardare il terzo occhio. Quelle parole lo avevano abbattuto e non poteva rispondere. La battaglia finale non ebbe mai luogo: il Signore si strappò la chiave che teneva al collo e la consegnò al Portatore di Luce. Con la sua candida mano, l'angelo bianco la afferrò.
-"Vattene. Scappa all'inferno…lei ti sta aspettando. Quando lei ti vedrà la maledizione perderà efficacia. Il suo aspetto tornerà quello dell'angelo nero, la fanciulla più bella che io abbia mai creato. E dovete continuare ad amarvi, dimenticando gli errori che ho commesso. Perdonatemi…"
L'angelo si voltò, lasciando cadere a terra la collana di conchiglia: sarebbe stato per il Dio un ricordo doloroso delle azioni da lui compiute.
-"Un giorno, qualcuno rimedierà i tuoi errori. Un giorno altre sofferenze si faranno avanti. Verrai perdonato quando perdonerai te stesso prima di tutti…" furono le ultime parole del Portatore.
L'angelo spalancò le sue immense ali fuggì dal vecchio Dio, seguito da uno stormo di altri angeli candidi.
Quando l'angelo bianco scese sulla terra con le sue immense ali, la neve si sciolse e la primavera sbocciò. A ogni battito d'ali che faceva il mondo respirava per pochi secondi aria nuova, dopodiché si faceva risentire il dilagante odore di morte e sangue che impestava la terra.
Il Portatore arrivò veloce alle porte dell'inferno. Infilò la chiave nera nella serratura e aprì i bollenti cancelli che si spalancarono all'istante. La luce si propagò all'inferno e le anime ebbero un momento di sollievo. Le forze del male non si preoccuparono poiché sapevano che il Portatore di Luce non era un loro nemico. E l'angelo bianco avanzò, cercando con lo sguardo la sua compagna.
Poi la vide: c'era una creatura accovacciata nelle tenebre, il suo sguardo era vuoto e vitreo e il suo corpo si mischiava al buio dell'oscurità. I suoi versi animaleschi sembravano esprimere eterno tormento: un rivolo di sangue usci dalla bocca del Cacciatore di Anime che con i denti divorava l'anima ancora pulsante di un mortale, cercando di rubarne l'essenza vitale. Era voltato e non aveva visto il Portatore di Luce entrare negli inferi. Poi qualcosa lo chiamò a voltarsi: una forza irresistibile lo chiamava. Il Cacciatore di Anime si voltò i suoi occhi spenti incontrarono lo sguardo del Portatore di Luce, che lo osservava malinconico.
-"Non guardarmi!" grugnì il mostro. Sentiva il suo cuore spezzato poiché aveva riconosciuto la sua metà.
-"Io ti vedo" sussurrò l'angelo bianco.
A quel punto le ali dinoccolate rientrarono nella schiena, il corpo deforme dell'angelo nero si assottigliò per tornare alle sue sembianze. Una nebbia dolcissima si propagò tutt'intorno, quando si dileguò, l'esile figura di una ragazza nuda cominciò ad apparire davanti al Portatore di Luce che si chinò e le afferrò la mano. Per la seconda volta i loro sguardi si incontrarono. E si videro, e si amarono.
-"Sei venuto a riprendermi o a rimproverarmi per aver venduto la mia anima per amore?" chiese lei.
-"Nemmeno la morte mi ha portato via da te, ho ucciso per vendicarti. Sono venuto per amarti; e non mi importa cosa succederà al mondo, quante guerre bagneranno il volto dell'uomo, quante lacrime sgorgheranno sulle ferite aperte. Noi potremmo impedire tutto questo, ma non lo faremo. Ora nulla può trattenermi: voglio condividere l'eternità con te"
E ancora si baciarono, si abbracciarono e le galassie lontane subirono la forza di quella passione che scosse gli interi universi e le stelle lontane. E il tempo si bloccò ancora.
Insieme piansero di gioia. La mano dorata dell'angelo nero accarezzò il pallido viso del suo amato, ne intrecciò i capelli corvini e accarezzò le labbra. Lui le baciò il collo e annusò il suo dolce profumo, poi con una mano le entrò dentro il cuore e le ridonò l'anima che aveva perso. Allora lei cominciò a respirare come per la prima volta. Era bellissima, così dolce e seducente.
-"Fuggiamo via da questo mondo" sussurrarono.
E condivisero le loro ali, che per tanto tempo erano rimaste sul fondo dell'oceano.
Si alzarono in volo e gli angeli e i diavoli che stavano attorno a loro si allontanarono impauriti.
Volarono sempre più su, verso la luce del giorno. Sentivano il calore farsi sempre più forte e le loro mani toccarsi ancora una volta. Sbucarono dalla terra come un immenso uccello di luce.
-"Da troppo tempo non vedevo il sole" disse la fanciulla.
Volarono assieme lontani dal mondo, lontani da ogni male e da ogni bene.
Racchiusi in una sfera di luce che si innalzava verso l'alto, i due amanti si unirono senza più timore, sapendo che il loro amore non li avrebbe mai abbandonati. Nessun oceano e nessuna tempesta li avrebbe più divisi. E tornarono ad essere una cosa sola.
In un luogo dove il tempo non esiste, dove il bene e il male non combattono incessantemente, quei due esseri continuarono ad amarsi.